Alle origini del Movimento Biologico in Italia

Aprile 20, 2021 5 Di storiedelbio

Ci piace iniziare le pubblicazioni di Storiedelbio riandando alle origini di quella parte del Movimento Biologico italiano che avrebbe poi dato vita ad AIAB (Associazione italiana per l’Agricoltura Biologica). Un percorso che portò alla pubblicazione, nel 1985, delle Norme Italiane di Agricoltura Biologica (vedi l’opuscolo “Cos’è biologico” in Documenti) da parte della rivista Aam Terra Nuova (d’ora in poi AamTN).  Aam stava per Agricoltura, Alimentazione e Medicina, tre ambiti dominati dall’industria chimica, che si volevano invece trattare in un’ottica ecologica e di rispetto della natura. La rivista fu per diversi anni il catalizzatore del processo di aggregazione del Movimento Bio.

Anche se la congiuntura di quegli anni è sicuramente irripetibile crediamo che ricostruire quell’esperienza possa  essere fonte di considerazioni valide anche per l’oggi.

Molti fanno risalire gli inizi del Movimento Bio al Convegno sulla repressione che si tenne a Bologna dal 23 al 25 settembre del 1977. Il convegno scaturiva da un appello contro la repressione pubblicato il 5 luglio da Lotta Continua e firmato da alcuni intellettuali francesi tra cui Jean-Paul Sartre, Michel Foucault, Félix Guattari,Gilles Deleuze,Roland Barthes. Al Convegno, ritenuto da molti osservatori come il canto del cigno del “Movimento del ’77,  venne inopinatamente gettato un seme che avrebbe presto riunito molte differenti esperienze in una direzione comune. Ricorda Roberto Dellera, uno dei fondatori di AamTN: “Alcune persone lungimiranti, cogliendo l’opportunità di una così ampia partecipazione, vollero creare occasioni di confronto. Affissero in Università dei manifesti che indicevano liberi incontri sulle tematiche più svariate. Ognuno scriveva un argomento e indicava la stanza dove si sarebbe tenuta la relativa riunione. Io e il mio amico Gaspare Amari scrivemmo su un cartello una frase del tipo: alle ore 15 in aula 2, riunione per formare un coordinamento nazionale su Agricoltura, Alimentazione e Medicina alternativa (…) volevamo formare solo un collettivo di coordinamento di persone appassionate a quelle tematiche, e ci riuscimmo con molta facilità. La riunione fu, come avveniva spesso allora, molto partecipata e alla fine facemmo girare un foglio e ognuno si segnò sotto l’argomento che gli interessava”. ( in:  300 di questi numeri! – Terra Nuova 10 aprile 2021  – https://www.terranuova.it/Il-Mensile/300-di-questi-numeri  ).

Anche Franco Zecchinato (che sarà il secondo presidente di AIAB), ricorda: ….Quella volta di Sartre a Bologna ci si incontra e nasce l’idea. Dopo gli anni Settanta di cambiamo il mondo e dopo le bastonate e la repressione molti di noi hanno riversato sui temi del cibo e dell’agricoltura la loro esperienza generazionale di visione del cambiamento …” (Zecchinato, intervista del 7 giugno 2019 – in archivio).

A quell’epoca erano già presenti nel nostro paese diverse esperienze che contestavano l’agricoltura convenzionale e proponevano forme alternative di coltivazione e allevamento. Nota più di tutte era quella Biodinamica, il cui esponente più famoso qui da noi, prima che scendesse in campo Giulia Maria Crespi,  era Ivo Totti , coltivatore biodinamico che tra il 1961 e il 1975, in un’azienda agricola a Santa Vittoria di Reggio Emilia (vicino a Gualtieri) , mise in pratica gli insegnamenti di Alfonso Draghetti. Draghetti è l’agronomo italiano che nel 1948 aveva pubblicato “La fisiologia dell’industria agraria”, in cui  esponeva una concezione organica dell’azienda agraria.

Ivo Totti ebbe anche influenza su due esperienze famose: quella di  Gino Girolomoni e della sua cooperativa Alce Nero,:  “ La cooperativa è nata nel 1977 … è’ l’evoluzione di un percorso che inizia prima. Per il biologico nel ’74 c’è l’incontro di mio padre con Ivo Totti.” ( G. B. Girolomoni, intervista  6 aprile 2019 – in archivio – e, più estesamente, M. Orlandi, La terra è la mia preghiera, pagg. 64 e segg.), e quella della Cooperativa Iris Bio.  A questo proposito ricorda Maurizio Gritta, uno dei fondatori di Iris Bio,“…lui non faceva distinzioni tra biologico e biodinamico, lui amava l’uso dei preparati ma non faceva grandi differenze e, infatti, io nasco biodinamico ma non ce l’ho, non sono contro la biodinamica, a me l’impronta di Totti mi è rimasta, io nei miei scritti metto sempre biologico-biodinamico…” (M. Gritta,12 giugno 2019 – intervista in archivio).

Da molti anni era anche in corso l’esperienza di Suolo e Salute, un’associazione che ebbe notevole importanza nel diffondere i principi e le tecniche dell’agricoltura organica in Italia. Scrive Alberto Berton: << Dopo un decennio di sperimentazioni, questo gruppo di studiosi, sulla base dei risultati positivi su diverse colture, decise di costituire a Torino con atto notarile del 31 marzo 1969, la ”Associazione Suolo e Salute apartitica e senza scopo di lucro”. Promotore principale dell’Associazione fu il Prof. Francesco Garofalo (1916- 2013), docente di fitoiatria dell’Università di Torino, insieme al quale è importante ricordare il Prof. Luciano Pecchiai (1928-2015), Primario Patologo dell’Ospedale dei Bambini “Buzzi” di Milano. “L’Associazione Suolo e Salute si propone di migliorare la fertilità del suolo e di incrementare le produzioni delle aziende agricole, rispettando gli equilibri bio-ecologici naturali e il reciproco rapporto esistente tra la salute del suolo e la salute delle piante, degli animali e dell’uomo. Essa pertanto promuove lo studio e l’applicazione pratica dei metodi organico-minerali per ottenere il miglioramento qualitativo delle produzioni destinate all’alimentazione umana”.>> ( A. Berton, La nascita del Movimento Biologico italiano, in  ecoIDEARE – n° 55 aprile/giugno 2019 ).

 A questo proposito Ennio Ferretti, parlando della sua esperienza nella cooperativa Valli Unite verso la fine degli anni settanta del novecento, ricorda: A quei tempi a Torino c’era questo professor Garofalo e abbiamo iniziato a fare i primi convegni… ci spiegava quali prodotti usare, come fare… ci diceva dove andare a prendere i prodotti per l’agricoltura bio. …. non c’erano tutti i prodotti come adesso che basta schiacciare un bottone. Lui aveva un po’ in mano tutto questo, non era uno steineriano, partiva dalle cose molto semplici. Mi ricordo, per esempio, che ci aveva fatto notare come l’uva vicino a una strada bianca era più sana dell’altra, perché protetta dalla polvere non si ammala. Piccole cose che però ci facevano ragionare… . Lui ci dava queste indicazioni …a quei tempi lui era quello più quotato, quello più preparato per fare un’agricoltura pulita … ci faceva dare come azoto il sangue di bue, anche lì problemi enormi, andare nei macelli, spargerlo, cose pazzesche … Però lui aveva tutti i suoi collegamenti…per la vigna usavamo rame e zolfo però cominciavano ad esserci prodotti un po’ più specifici: ortica, equiseto…lui spingeva molto quello. (E. Ferretti, intervista 26 gennaio 2019 – in archivio).

 In quegli anni ebbero importanza anche i corsi di biodinamica organizzati da Giulia Maria Crespi alla Zelata, la tenuta che aveva convertito nel 1976 all’agricoltura biodinamica: “Nel 1976 nascono le Cascine orsine. La scelta di mia madre, così io la spiego sempre, non era una scelta imprenditoriale ma una scelta di vita, di salute, di cibo sano. Quindi una scelta molto diversa da come partono di solito le aziende “( Aldo Paravicini Crespi, intervista 2 aprile 2014 – in archivio).  Molti dei testimoni che abbiamo intervistato sono passati di là anche se poi hanno preso altre strade. Ricorda Bruno Sebastianelli, uno dei fondatori della Cooperativa Il Sole e la Terra: “Al primo corso di biodinamica c’era anche Giulia Maria Crespi(La Zelata1979) partecipava sempre ai corsi, era lei che li organizzava, seguiva anche Le cascine Orsine. In un certo periodo faceva venire ai corsi dei contadini biodinamici che venivano dall’estero”. E così Ennio Ferretti:ho conosciuto la Crespi facevo i corsi di biodinamica da lei, dormivo alla Zelata su una palafitta …..quando ha iniziato con la biodinamica ha preso un mio caro amico a fare l’orto….Alle cascine Orsine  c’era un’ala dove facevamo i corsi, noi portavamo il vino, io e Luigi Brezzadi Casale Monferrato uno dei primi che facevano biodinamico.  (Ferretti, ibidem) .

 A quei tempi c’era una forte esigenza di trovare dei riferimenti, di conoscersi, di confrontarsi; in questa ricerca e in questi scambi giocarono un ruolo importante i primi negozi “bio” come Il Girasole a Milano, il Fior di Loto a Torino, L’Albero del Pane a Roma:“Avevamo bisogno di trovare dei prodotti biologici a prezzi accessibili. E’ stato allora che abbiamo cominciato ad andare in giro per l’Italia per cercare fornitori. In questi giri abbiamo incontrato delle persone che si interessavano di agricoltura e siamo venuti in contatto con il gruppo che aveva dato vita al numero zero di Aam, (Rosalba Sbalchiero in Terra Nuova, articolo già citato). Ricorda Armando Mariano (primo presidente AIAB): “qui in Italia c’erano alcuni nuclei che stavano attuando un’agricoltura biologica, però erano tutti un po’ dispersi. C’era Alce Nero, c’era un gruppo in Puglia, c’era un coordinamento in Veneto, un coordinamento in Sicilia. Tutte queste esperienze sono nate mentre noi stavamo iniziando il nostro percorso. Quando siamo venuti qua (Villafalletto – CN) e abbiamo cominciato a andare in giro, abbiamo conosciuto il professor Garofalo, poi siamo andati in Svizzera, e  lì abbiamo conosciuto delle altre realtà, ma erano agli inizi e facevano fatica ad andare avanti. Perciò siamo andati a Bologna dove Aam Terra Nuova aveva proposto di trovarsi tutti insieme a discutere di questi problemi creando una specie di commissione” (A. e Mavi Mariano, intervista 29/03/19 – in archivio). Si girava molto per conoscere altre esperienze; Franco Zecchinato, che operava a Padova, ricorda:Nel ’78 alla prima esposizione bio, sotto il salone dell’auto a Torino, organizzata da Suolo e Salute abbiamo conosciuto Paolo Rizzo e altri di ARABIOS (Attività di Ricerca Agricoltura Biologica in Sicilia) con loro abbiamo poi stabilito un rapporto di amicizia e di collaborazione che è durato negli anni. Poi siamo passati da Montebello per conoscere Gino Girolomoni, avevamo letto “Alce Nero parla” e volevamo conoscerlo“(Zecchinato, ibidem)

Insomma alla fine degli anni settanta c’era molto fermento, il ritorno alla terra, i primi negozi bio, la controcultura, la nascita dei movimenti ecologisti… e AamTN svolgeva una funzione di aggregazione e di stimolo per le diverse realtà locali. Come ricorda Renzo Garrone che a cavallo degli anni ’80 partecipava all’occupazione delle terre in quel di Monte Peglia (TR) e cercava di coniugare agricoltura naturale e autosufficienza: “ Aam Terra Nuova era al centro del processo di aggregazione e di crescita del movimento …c’erano, nascevano da Terra Nuova i coordinamenti città-campagna e c’erano delle regioni molto avanti su questo … aver conosciuto quelli di Terra Nuova mi diede la prospettiva: non siamo soli, non siamo la riserva indiana, siamo un movimento. Anche se era una realtà piccola ma vivissima, la cosa più bella che abbia mai visto, anche se bisogna tener conto che da giovani le cose sembrano sempre più belle. Però il mondo non finisce nella riserva indiana di  Monte Peglia  di 50 chilometri quadrati, ma al di là dell’economia che riesci a creare, delle tue occasioni, hai persone in Toscana e in Veneto che hanno scritto le leggi sull’agricoltura biologica, che hanno i negozi bio, che hanno i poderi, per cui mi ricordo  di essere andato nel Lazio, nel Veneto a vedere questi poderi, ad incontrare agronomi. Aam Terra Nuova faceva tante cose era lo snodo per degli incontri...” (Renzo Garrone, intervista 15/12/18 – in archivio).

Si trattava di esperienze con radici anche molto diverse e articolate al loro interno come nei casi di Piemonte e Veneto.

Parlando della loro esperienza Armando Mariano e sua moglie Mavi ricordano: “A seguito della nostra formazione, diciamo cattolica, ma soprattutto basata sul sociale, sul Vangelo…abbiamo pensato che avrei potuto dedicarmi in qualche modo agli agricoltori che secondo noi erano i più poveri, cioè in quegli anni erano succubi dei tecnici delle aziende produttrici di prodotti chimici per l’agricoltura. Ci siamo detti che potevamo fare un’opera di formazione a cui io tenevo molto… Allora nel 1977 siamo venuti qui  (Villafalletto – CN) a coltivare …qui in Piemonte col passaparola sono venuti fuori degli agricoltori che erano interessati al discorso e facevano un po’ capo qui da noi, ci si trovava qui la sera, con anche delle visioni più generali completamente diverse, però ci si trovava uniti per portare avanti il discorso dell’agricoltura biologica. C’era insomma gente di tutte le opinioni però ci trovavamo molto uniti…” (A. e Mavi Mariano, ibidem.)

E Franco Zecchinato: “A Padova in quegli anni c’era molta vivacità ( che in qualche caso  ha sconfinato nella criminalità),  in cui c’era il movimento non violento, per la  pace, la finanza etica; le  novità e le conquiste  sociali qui hanno avuto pieno titolo….C’era  da  molti anni un’associazione culturale, che ancora esiste, La Biolca, risalente agli inizi degli anni Settanta. Questa associazione propagandava il vegetarianesimo e distribuiva l’alimentazione macrobiotica, integrale, biologica… non solo, divulgava e promuoveva conferenze, aveva una bella sede in una vecchia villa padronale fuori Padova, in cui c’era anche  il forno del pane e il corpo centrale della villa era disponibile per associazioni e incontri, e c’era  lo spaccio dei prodotti macrobiotici che poi ho gestito per due, tre anni, agli inizi degli anni ’80…. a Verona c’era  un’associazione per l’agricoltura  biodinamica; qui a nord di Padova  c’era un’associazione, Il Sole, che si rifaceva al cristianesimo delle origini, sul piano della  prassi erano per l’agricoltura biodinamica e l’alimentazione naturale e poi hanno costituito varie comunità in giro per l’Italia, a Treviso c’erano nuclei che curavano lo spaccio e l’alimentazione  per gli associati, in un paesotto come Castelfranco un’associazione culturale, Il Girasole, aveva  anch’essa uno spaccio per i soci.  (Zecchinato, ibidem)

Contemporaneamente Giannozzo Pucci, uno dei protagonisti dei movimenti ecologisti e delle lotte contro il nucleare di quegli anni, portava avanti dal suo podere di Ontignano un’esperienza  e delle iniziative che alimentavano il modo di pensare di molti dei giovani di allora:“… a casa mia, a Ontignano …passavano tante  persone..Lanza del Vasto…obiettori di coscienza del servizio civile…era un luogo di incontro e di riflessione anche perché avevo cominciato a pubblicare nei Quaderni di Ontignano personaggi come Wendell Berry, Fukuoka, Teddy Goldsmith …Ho conosciuto  Girolomoni nel ’75, quando era  sindaco di Isola del Piano…sono io che  gli ho parlato di Alce Nero che  lui poi ha scelto come marchio.(Giannozzo Pucci ,11/12/18 – intervista in archivio).  “ Uno dei due fratelli Borgato… ha  fatto il servizio civile da Giannozzo Pucci a Ontignano, che così lo abbiamo conosciuto e abbiamo stabilito un rapporto”. (Zecchinato, ibidem)

Bisogna considerare che quelli erano gli anni di Seveso, dell’ACNA di Cengio, e il tema dell’alimentazione, già entrato a far parte dei movimenti controculturali con Georges Ohsawa e la sua macrobiotica, induceva realtà come il Collettivo Studenti democratici di Scienze delle preparazioni alimentari dell’Università di Milano (dal 1993 Associazione Consumatori Utenti) a dar vita nel 1976 ai Quaderni di Controinformazione Alimentare e a organizzare nel 1982 il convegno internazionale “L’agricoltura alle soglie del 2000: le moderne tecniche biologiche e biodinamiche a confronto” , a cui parteciparono tra gli altri Claude Aubert, Ivo Totti, Herbert H. Koepf e molti altri. (cfr. L’agricoltura alle soglie del 2000, ed. CLESAV 1983 – donato da Franco Fischetti – in archivio)

E’ in questa temperie che  nel 1983 AamTN organizza a Firenze il convegno dal titolo “Cos’è il biologico?” nell’ambito della fiera Herbalist dedicata all’erboristeria: A  parlare c’erano il prof. Garofalo di Suolo e Salute,…Adriano Del Fabbro, forse anche Ivo Totti, qualcuno dei biodinamici di Milano, la  prima associazione biologica  biodinamica del Friuli, il Coordinamento toscano e  Veneto, i siciliani di Arabios, un bel gruppo che si interroga su cos’è il biologico… perchè allora c’era parecchia confusione” (Zecchinato, ibidem).

A seguito di quell’incontro nasce la Commissione “Cos’è biologico” con il compito di produrre quelle che saranno le Norme Italiane di Agricoltura Biologica:Ne facevano parte gruppi territoriali regionali afferenti alla rivista, chiamati «coordinamenti», presenti nel Veneto, in Toscana, nel Lazio e poi realtà di altre regioni, sia associative che persone singole (tecnici).  Ci incontravamo qualche volta allanno, e discutevamo di come adeguare la normativa di riferimento alla realtà italiana. Non ricordo bene quanti anni impiegammo, ma direi attorno a due. (Enrico Accorsi, agronomo, firmatario delle Norme, intervista scritta19/03/21 – in archivio). “Ci siamo trovati in una ventina di persone: c’erano degli agricoltori, dei tecnici e dei trasformatori. In quella sede abbiamo cominciato a definire bene cosa si doveva intendere per agricoltura biologica.” (Mariano, ibidem)

I riferimenti normativi erano molti IFOAM (Internatioinal Federation of Organic Agriculture Movements), la Biodinamica; Suolo e Salute, più talune organizzazioni estere tra le più note: Nature e Progrès francese e Soil Association inglese. La discussione è stata larghissima ed estesa a tutto il Paese, con toni spesso radicali, su temi sui quali oggi sarebbe il caso di tornare: biologico in serra fissa e/o riscaldata, pacciamatura con materiali sintetici, sub riscaldamento dei terreni, piante e sementi bio senza deroghe e non ibride, ecc. ecc. … Noi del Coordinamento Veneto siamo stati incaricati di fare la sintesi dei contributi raccolti in numerosi incontri nazionali e abbiamo poi portato la bozza in approvazione punto per punto. Quello che ne è uscito è un misto di etica e tecnica, che col tempo, e con il Regolamento europeo, è rimasta solo tecnica” (Zecchinato 30/03/21 – intervista scritta, in archivio).

In effetti il documento Cos’è biologico che ripubblichiamo (riproduzione di un opuscolo stampato a cura della commissione agricoltura del Coordinamento Veneto – senza data) contiene, oltre alle norme, altre due parti molto significative.  Nella Prefazione è sviluppata, in positivo, una critica radicale del sistema agroindustriale e delle pratiche agricole convenzionali. Vengono richiamati in modo sintetico ma efficace i temi del rapporto tra cibo, ambiente e salute. Si evidenzia l’importanza del rispetto dei processi naturali, dell’equilibrio degli ecosistemi agricoli, del mantenimento della fertilità e della chiusura dei cicli produttivi. Si afferma l’importanza del rispetto della dignità del lavoro e di una giusta considerazione degli animali rispetto alle istanze produttivistiche e alla mercificazione del cibo. Si motiva la necessità di stabilire delle regole per consentire ai consumatori di riconoscere i prodotti biologici e ai produttori di ottenere un giusto guadagno. Tutti principi validi ancora oggi.  Sul retro di copertina, invece, è riportata la lettera del capo Sealth della tribù dei Duwanish al presidente degli Stati Uniti. Il testo è divenuto famoso nel mondo ecologista USA all’inizio degli anni ’70, quando ancora non si sapeva che sulla sua stesura erano intervenute in epoche diverse varie persone.  Riportarlo allora inquesto opuscolo aveva il significato di un richiamo ideale molto più potente di qualsiasi dichiarazione di principio. Non a caso la conoscenza del libro “Alce Nero parla” (pubblicato nel 1968 da Adelphi) indusse Gino Girolomoni a dare questo nome alla sua cooperativa. Insomma si trattava di qualcosa di più di un semplice “codice di autoregolamentazione”, come è stato spesso definito. Queste norme, nella misura in cui stabiliscono dei confini, impongono anche (come ricorda Zecchinato) delle scelte difficili che, nel momento stesso in cui istituiscono un’identità, escludono chi non si riconosce completamente in essa. Infatti le discussioni furono molto animate e alcuni non sottoscrissero questo documento. Ma intanto il percorso che avrebbe portato alla nascita, nel 1988, di AIAB andava avanti e si strutturava.

Da questa sommaria ricostruzione di quegli eventi (che speriamo qualcuno vorrà integrare anche con considerazioni agronomiche fuori dalla nostra portata), crediamo si possano trarre alcune lezioni che potrebbero tornare utili ancora oggi.

Darsi quelle norme aveva allora la funzione di affermare una chiara identità per distinguersi da pratiche opportunistiche che potevano confondere il pubblico. Oggi, che l’attuale forma di certificazione del biologico consente anche l’industrializzazione dei processi di produzione e di vendita, riemerge in forme nuove e più avanzate il problema di come distinguersi dalla produzione, in questo caso bio, di massa. Come allora, ci sono diverse esperienze che cercano nuove strade e che però stentano a trovare un denominatore comune.

Dalle testimonianze qui richiamate emerge come vi fossero forti disomogeneità all’interno dell’agricoltura alternativa di quegli anni, eppure i soggetti coinvolti riuscirono in larga parte a convergere verso delle posizioni comuni e a organizzarsi pochi anni dopo come AIAB. Certamente il merito fu in parte di AamTN che fece da centro di aggregazione e di stimolo. Sicuramente una motivazione non irrilevante dovette avere la necessità di evidenziare le specificità delle proprie produzioni e tutelarle da raggiri e sequestri, ma, come ricorda Armando Mariano, quello che li univa era:L’ideale di un’agricoltura che fosse pulita, che producesse prodotti sani e remunerasse giustamente gli agricoltori, che facesse star bene la gente. Questi erano gli ideali che si portavano avanti“ ( A.Mariano, ibidem).

Oggi, di fronte allo sviluppo del biologico come business, si pone nuovamente il problema di quali motivazioni possano meglio caratterizzare e sostenere l’impegno per un’agricoltura eticamente e socialmente responsabile.

Il biologico, nato in contrapposizione alla industrializzazione dell’agricoltura, allora esaltata come “rivoluzione verde”, ha fin dalle sue origini manifestato forti sospetti nei confronti degli sviluppi delle scienze applicate all’agricoltura. Ne è derivato un recupero e un affinamento di saperi e tecniche tradizionali che finalmente vengono rivalutate.  Tuttavia, oggi che le innovazioni nel campo della biologia e dell’informatica vengono nuovamente presentate come la soluzione di tutti i problemi dell’agricoltura, c’è da chiedersi se per opporsi al fondamentalismo scientista sia sufficiente limitarsi a difendere il patrimonio acquisito.

Giuseppe Canale

Post Scriptum:
Questo scritto utilizza alcune delle numerose interviste che ho condotto insieme a Massimo Ceriani nel corso degli ultimi anni. Colgo l’occasione per ringraziare tutti i testimoni qui citati e precisare che qualunque errore o fraintendimento nel trascrivere le loro parole è di mia esclusiva responsabilità.