Biologico e Convenzionale: Polarizzazione o Convergenza?
Anche se c’è chi, come Roberto Pinton ritiene che la frenata del consumo Bio avvenuta nel 2021 ( Italia: -4,6% contro +9,5 del 2020 ) sia un aggiustamento fisiologico dopo l’exploit dell’anno precedente, la maggior parte degli osservatori, anche alla luce dei dati più recenti ( -1,9% GDO Italia nel primo semestre; – 12,7% Francia nel primo quadrimestre; -5,4% Germania nel primo semestre – solo retail ) ritiene che dopo molti anni di crescita ininterrotta ci troviamo di fronte a una svolta.
Come testimonia il rapporto dal recente Biofach di G. B. Girolomoni ( presidente della cooperativa agricola-pastificio Gino Girolomoni e del Biodistretto delle Marche) che pubblichiamo qui di seguito si tratta di un fenomeno che interessa tutti i principali mercati europei e che preoccupa non poco gli operatori del settore.
In prospettiva c’è chi pensa che dopo la relativa diffusione del biologico intervenuta in questi ultimi anni potremo assistere ad una polarizzazione dei consumi per cui il biologico ritornerà ad essere una nicchia per pochi e c’è perfino chi già si rallegra perché ciò impedirà all’Unione Europea di raggiungere l’obiettivo del 25% di SAU a conduzione biologica nel 2030.
Sicuramente, si tratta di un fenomeno con molte sfaccettature ma, proprio per questo, le spiegazioni che sono state fin qui proposte non sono forse esaustive. Certo c’è l’inflazione che condiziona i consumi, c’è il greenwashing dei marchi e delle etichette, ci sono squilibri tra offerta e domanda, ci sono le scelte della Grande Distribuzione, ci sono i grandi monopoli agroindustriali e la speculazione, ma forse c’è anche qualcosa di diverso e inaspettato.
Siamo stati abituati a pensare che il cibo biologico debba costare di più: non a caso costi maggiori e rese minori rispetto all’agricoltura convenzionale hanno sempre costituito un argomento forte per i detrattori del biologico. Ma cosa succederebbe se costi di produzione e rese dei due tipi di agricoltura tendessero a convergere?
Gli indizi in questo senso non mancano se consideriamo l’aumento del costo degli input agricoli che più pesano sull’agricoltura/allevamento convenzionale (concimi chimici e altri prodotti di sintesi, mangimi, energia, ecc.) e la sua difficoltà a far fronte agli effetti della crisi climatica sulla produttività (vedi il calo delle rese di molte produzioni a seguito della siccità, piuttosto che la diffusione di sempre nuovi parassiti alieni). Proprio per questo, alcune pratiche tipiche del biologico (come le rotazioni, le minime lavorazioni, le cover crop, i sovesci, ecc.), magari combinate con un po’ di “agricoltura di precisione”, si stanno diffondendo anche nel convenzionale determinando forme di conduzione ibride da parte di agricoltori che cercano una via d’uscita dalla crisi del modello agricolo dominante. Le notizie in questo senso non mancano, valga per tutti il caso dell’azienda agricola di Gino Ghilardello di Fiscaglia recentemente apparso sulla stampa. E poi è lo stesso rapporto rese/costi del biologico che è già diventato economicamente interessante in casi come quello presentato dal blog l’ottobre scorso: “Imprenditori agricoli lungimiranti”.
Sappiamo bene che in agricoltura non c’è corrispondenza meccanica tra costi di produzione e prezzi di vendita al pubblico ma cosa accadrebbe se i prezzi del convenzionale dovessero avvicinarsi ai prezzi del biologico che si ritengono essere mediamente del 40-50% superiori? Non si tratterebbe forse di una clamorosa dimostrazione dell’insostenibilità di un modello agricolo energivoro come quello convenzionale? Una modifica dei prezzi relativi a favore del bio, se non penalizza i produttori, non accrescerebbe forse la domanda, e quindi la produzione, del cibo biologico? L’articolo dell’autorevole settimanale economico tedesco Wirtshaftswoche che parla proprio di queste cose, e che pubblichiamo di seguito alle considerazioni di G.B. Girolomoni, sostiene il contrario. Ma è proprio sicuro?
CONSIDERAZIONI DOPO IL BIOFACH 2022
G.B. Girolomoni – 22 agosto 2022
Sono stato al Biofach a luglio, principale fiera del biologico al Mondo, che solitamente viene fatta a febbraio e quest’anno causa Covid è stata fatta in versione estiva. La fiera è stata snobbata da molti, a luglio già molti erano in ferie. Pochi espositori e pochi visitatori. Però mi ha permesso di avere informazioni e capire un po’ che aria tira.
L’umore del mercato è pessimo. Soprattutto in Germania, Italia e Francia. In altri paesi la situazione è migliore, vedi ad esempio l’Austria dove il mercato continua a crescere. Ma in quei tre paesi, che fanno gran parte del mercato europeo e mondiale del bio le vendite stanno andando molto male. Cala molto lo specializzato -10% – 20%, cala un po’ la GDO che sta togliendo referenze, cresce il bio nei discount. La crescita del bio nei discount, non è tanto da vedere come una crescita del bio dove costa meno, forse un po’. E’ proprio il canale a crescere, sono gli unici che stanno aprendo negozi in Europa.
In Germania si prevede che le vendite nel 2022 torneranno ad essere quelle del 2017, un salto indietro di 5 anni (e con prezzi aumentati, quindi in volume il salto indietro è anche peggiore).
Ci sono delle eccezioni tra i produttori, anche noi non stiamo andando male per il momento, ma ci aspettiamo un calo nei prossimi mesi. Perché se anche noi andiamo bene, ma i nostri clienti (negozi) chiudono non è che abbiamo grandi prospettive.
È vero quanto scritto nell’articolo [ vedi pezzo successivo – Ndr ] che il bio sta aumentando [ di prezzo – Ndr] meno del convenzionale. Ma comunque costa di più. Soffre la concorrenza del greenwashing: agricoltura sostenibile, residuo zero, ecoscore. Ormai sono tutti sostenibili e a filiera corta. Capirci qualcosa come consumatori è una giungla;
È vero che il bio cresce meno [di prezzo – Ndr] perché più resiliente del convenzionale, però è anche perché l’offerta cresce (incentivi europei alla coltivazione bio), ma non cresce alla stessa velocità il mercato. Oggi il differenziale tra grano duro bio e grano duro convenzionale è minimo per eccesso di offerta.
È molto difficile da comprendere cosa sta accadendo. È vero che la situazione economica è grave (ma ancora non si è visto niente…), però il bio cala anche in paesi come la Svizzera, dove l’incidenza della spesa alimentare è minima.
Quindi c’è qualcosa di più complesso da decifrare, forse troppi accadimenti negativi (pandemia, guerra, inflazione), stanno portando le persone a rinunciare a lottare per il consumo critico. In Germania hanno detto ad un convegno: “l’etica negli acquisti si ferma davanti allo scaffale”.
E lo sconvolgimento energetico rimescolerà ancora di più le carte nei prossimi mesi. Per molte aziende sarà difficile sopravvivere. Resisteranno forse le piccole e resilienti e le grandi con le spalle grosse. Nel mezzo vedo tabula rasa.
L’ eco-paradosso: MENO INFLAZIONE CON IL BIOLOGICO
di Jacqueline Goebel – Wirtschaftswoche – 29 luglio 2022
La carne biologica, gli spaghetti biologici o la frutta biologica aumentano di prezzo, ma non quanto le alternative convenzionali. Alcuni prodotti sono addirittura più economici. Tuttavia, molte persone acquistano meno prodotti biologici a causa dell’inflazione.
All’inizio di luglio, in una filiale del discount Aldi Nord, presso il banco frigo, per un breve momento, si potrebbe pensare che i cartellini dei prezzi siano stati scambiati: 2,99 euro scritto sul cartellino del burro biologico a marchio proprio “Gut Bio” nella confezione da 250 grammi. A pochi centimetri di distanza si trova il concorrente Kerrygold, burro proveniente da allevamenti convenzionali e ancora più costoso: i clienti devono pagare 3,49 euro per il prodotto di marca.
Non si tratta di un caso isolato. Anche nelle filiali di Alnatura, alcuni prodotti biologici sono ora più economici rispetto alle alternative convenzionali, afferma Gatz Rehn, fondatore e CEO di Alnatura nel podcast Chefgespräch della WirtschaftsWoche. Per esempio, la pasta: “Con noi, 500 grammi di spaghetti costano 99 centesimi”, dice Rehn. Questo rende gli spaghetti Alnatura “molto più¹ economici di alcuni prezzi degli spaghetti convenzionali”. I prezzi dei prodotti biologici aumentano più lentamente, afferma Rehn: “Nella nostra azienda, durante tutta la crisi abbiamo avuto aumenti di prezzo medi del 2,5% , battendo di gran lunga la concorrenza dei discount e l’inflazione.
Per anni i consumatori hanno memorizzato, quando fanno acquisti, che Biologico significa costoso. Molti hanno comunque accettato i sovrapprezzi, per amore dell’ambiente o del benessere degli animali. Soprattutto durante la pandemia del coronavirus, le vendite di prodotti biologici sono aumentate. Secondo il Ministero federale dell’Agricoltura, lo scorso anno le vendite di prodotti biologici sono state di poco inferiori a 15,9 miliardi di euro, pari al 6,8% dell’intero mercato alimentare.
Nel contesto dell’inflazione, il concetto di prodotti biologici più costosi vacilla. E’ vero che anche i prodotti biologici stanno diventando più costosi, ma più lentamente rispetto alle alternative convenzionali. E in alcuni casi, la varietà biologica può anche essere più economica dei prodotti convenzionali, come il burro di Aldi. E’ paradossale: a causa dell’inflazione, i consumatori sono preoccupati per il loro saldo bancario alla fine del mese -vogliono spendere meno soldi – e possono risparmiare anche grazie ai prodotti biologici.
“Gli alimenti biologici non sono diventati costosi come quelli convenzionali”, afferma Thomas Els, analista dei comportamenti dei consumatori presso il servizio di informazione agricola AMI. Gli osservatori del mercato valutano gli incassi. I dati mostrano che il prezzo degli alimenti provenienti da agricoltura biologica è aumentato del 5,2% nella prima metà del 2022. La carne fresca di manzo, ad esempio, è aumentata del 15%, le patate addirittura del 22% a causa degli scarsi raccolti, ma la carne di maiale o il formaggio biologici sono aumentati di prezzo solo del 3,3%. I dati AMI mostrano che le carote e i peperoni biologici erano ancora più economici rispetto all’anno precedente. Nello stesso periodo, i prezzi degli alimenti convenzionali sono aumentati dell’8%, più di quelli dei prodotti biologici.¨
Ci sono una serie di ragioni per questi incrementi: il cibo sta diventando più costoso perché i prezzi dell’energia e il costo dei fertilizzanti di sintesi sono aumentati notevolmente. Poiché questi fertilizzanti non possono essere utilizzati per le produzioni biologiche, queste subiscono minori incrementi di costi. Pertanto nel caso di alimenti biologici gli incrementi odierni sono meno influenti.
Anche l’offerta e la domanda giocano un ruolo: frutta e verdura, ad esempio, vengono spesso importate nel mercato tedesco dall’estero, dice Els dell’AMI, anche al di là della domanda: “Se c’è abbondanza, i prezzi non sono così alti”. Questo può essere visto, ad esempio, con mele o banane: secondo i dati dell’AMI, infatti, il prezzo della frutta è aumentato solo dell’1,3%.
Anche l’Istituto GfK afferma che, causa dell’inflazione, i consumatori vogliono risparmiare, anche con il loro consumo di prodotto biologico. Nei primi cinque mesi di quest’anno, i negozi di alimenti naturali hanno realizzato il 38% in meno di vendite rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nel caso della vendita diretta presso aziende e macelli agricoli il calo delle vendite si è attestato sul 17 %, i supermercati biologici hanno avuto un calo del 15%.
Tuttavia le persone continuano ad acquistare prodotti biologici da discount e altri supermercati, in particolare i marchi propri, meno costosi. Le vendite dei marchi propri biologici delle catene di supermercati e dei discount, infatti, sono aumentate del 9,3 %. In sintesi, considerati tutti i canali di vendita al dettaglio, i prodotti dell’agricoltura biologica hanno perso solo il 3,2% nelle vendite, un valore inferiore a quello che l’industria dei beni di consumo registra.
“Il biologico è ancora di moda”, afferma Petra Süptitz, esperta di consumi presso l’Istituto GfK. I consumatori non vogliono discostarsi dal cibo biologico, ma vogliono spendere meno per esso. Le ricerche sui consumatori di GfK chiamano questo comportamento “effetto di trading down”. “Stiamo assistendo a un calo delle vendite di prodotti biologici, ma questo è più debole del calo del mercato generale dei prodotti alimentari e per la cura della persona”, afferma Süptitz.
Questi sviluppi non sono una buona notizia per gli agricoltori biologici. Minore è il divario tra i prezzi degli alimenti biologici e dei prodotti dell’agricoltura convenzionale, meno vale lo sforzo aggiuntivo per loro. Ciò riduce anche l’incentivo per gli agricoltori a passare all’agricoltura biologica. Secondo l’accordo di coalizione, il Governo Federale vuole che entro il 2030 il 30 % della superficie agricola venga destinata alle coltivazioni biologiche. Attualmente la superficie destinata al biologico è dell’11 %.
(traduzione di Amos Unfer)
Che l’agricoltura convenzionale vada acquisendo connotati che ne migliorano la sostenibilità rientra in quanto da noi auspicato, che ciò aumenti i costi non è necessariamente vero, specie con nuove tecnologie che il biologico rifiuta a priori.
Che il biologico costi meno è da vedere in un periodo più lungo, ma il suo problema non è questo: semplicemente ha bisogno di più terra e la bassa efficienza porta a maggiori emissioni, senza garantire migliore salubrità.