Intervista a Franco ZECCHINATO di Massimo CERIANI
UN IMPEGNO CHE CONTINUA
Giuseppe Canale
L’anno scorso, proprio in questi giorni, è mancato Massimo Ceriani a cui questo blog deve molto. Per una decina di anni ho condotto insieme a lui un lavoro di ricerca sui nuovi contadini e l’agricoltura non convenzionale. Insieme abbiamo intervistato molti dei protagonisti della agricoltura ecologica, discusso tra di noi e con loro dei problemi e delle prospettive dell’agroecologia, pubblicato un libro e continuato, talvolta separatamente, a studiare queste realtà, a promuovere incontri e momenti di riflessione come quello qui consultabile nella sezione VIDEO di questo blog. Massimo aveva una straordinaria capacità di entrare in sintonia con gli interlocutori, di stimolarli a interpretare le proprie esperienze da nuovi e più stimolanti punti di vista, di farli esprimere anche sugli aspetti più problematici. Da lui ho appreso i principi e le tecniche del metodo della storia orale che lui aveva già applicato in altri ambiti e scritti. Anche se il blog ha potuto contare solo in minima parte su di lui già malato, il patrimonio di studi e di ricerche che ci lascia continuerà a alimentare nel tempo il nostro impegno.
Per ricordarlo nel momento stesso del suo fare ricerca sul campo pubblichiamo qui di seguito la prima stesura della sua trascrizione di un’intervista inedita del 2019 che Franco Zecchinato ci ha gentilmente autorizzati a pubblicare. Franco è stato uno dei fondatori della cooperativa agricola El Tamiso di Padova di cui è attualmente presidente. La cooperativa, come molti sanno, è stata uno dei poli di aggregazione del mondo del biologico nel momento della sua nascita intorno agli anni ‘80 del secolo scorso. Attraverso gli scambi personali prima ancora che di prodotti con El Tamiso crebbe anche una vasta rete di contatti e di iniziative che contribuì alla nascita di AIAB di cui, non a caso, Franco Zecchinato fu il secondo presidente. El Tamiso, pur attraverso alterne vicende, ha saputo rinnovarsi nel tempo e conservare lo spirito originario del biologico continuando a promuovere e sostenere iniziative come Rete Humus che intendono costituire un’alternativa alla banalizzazione del biologico. Dal momento dell’intervista sono accadute tante cose ma la cooperativa El Tamiso continua a essere un punto di riferimento per coloro che cercano alternative al modello agroindustriale dominante.
Intervista a Franco Zecchinato, presidente della Cooperativa El Tamiso
Mercato Ortofrutticolo di Padova, 7 giugno 2019
“L’agricoltura bio è un’agricoltura che produce servizi, oggi necessari per l’emergenza climatica, ambientale, che deve dare risposte concrete che arrivano al mercato”
…L’agricoltura è un tumore del mondo.
A Conegliano la gente vuole il capannone piuttosto che il vigneto di Prosecco, perché se fanno un vigneto devono scappare. In questo nord est, il triangolo Venezia, Vicenza, Padova, per non dire del resto tra Verona e Conegliano, abbiamo un’aria “buona” e l’acqua ben condita…
Zecchinato, incontrato l’altra sera a cena, ha un modo di raccontare alla Paolini, arricchisce i racconti di aneddoti e volentieri intercala il dialetto padovano e l’iperbole.
L’avvio dell’intervista è sugli anni Settanta e i movimenti a Padova.
A Padova eravamo una generazione, pur di formazioni diverse, prevalentemente cattocomuniste, come provenienza ed educazione legata alla città. E’ vero che è una città di destra, ma in quegli anni c’era molta vivacità, che in qualche caso ha sconfinato nella criminalità, in cui il movimento non violento, per la pace, la finanza etica, le novità e le conquiste sociali qui hanno avuto pieno titolo.
Nel ’75 avevo vent’anni, alle scuole superiori facevamo un casino della madonna, eravamo molto attivi sul piano dell’assemblearismo e delle occupazioni. Abbiamo manomesso l’Istituto Agrario, un luogo dormitorio dei figli dei proprietari terrieri e anche il preside addormentava tutto … ma in quegli anni è arrivato il boom demografico, la scuola si è riempita di giovani di tutte le classi sociali e gli insegnanti venivano dal movimento del ’68. Una componente di gente come me veniva dal sociale parrocchiale, dall’oratorio, dagli impegni come la raccolta della carta per finanziare attività culturali e civili.
Queste cose sono state bruscamente interrotte il 7 aprile del ’79 e da noi gli anni di piombo sono stati di piombo veri; non si poteva più uscire alla sera, se avevi una Renault 4, una classica macchina da terroristi, come l’avevo io, o avevi i capelli lunghi e la barba, eri costantemente preso a pedate dai poliziotti …
Quello che vi ho raccontato ieri sera … sono partito da quello che mi ha detto la maestra delle elementari: – non devi parlare in dialetto (che non voleva dire avere più parole, come insegnava Don Milani) …Così sono rimasto con una visione un po’ critica rispetto a quello che la scuola dell’epoca propinava. Questo spirito del dubbio mi è rimasto e ce l’ho ancora.
Devo ringraziare i miei genitori e mio papà; nonostante fosse nato nel 1920, avesse fatto il balilla, la guerra nel ’40 e poi, di ritorno dalla prigionia negli Stati Uniti, il poliziotto, è sempre stato un servitore dello Stato e un grande democratico.
Noi figli, eravamo in tre, non abbiamo mai preso uno schiaffo e neanche un’offesa. Soprattutto ho capito in tanti anni, non abbiamo fatto un cazzo di quello che pensava lui dal punto di vista delle pratiche, che ha sempre inteso mantenere un rapporto di dialogo; e poi ho capito che noi andavamo avanti con le nostre storie, con i valori che ci aveva insegnato lui. Lui aveva ragione e io cerco di fare uguale.
Come te la cavavi in quegli anni con un padre poliziotto?
L’episodio chiave, nel ‘76 a Padova: era mio padre che aveva dei problemi.
Vi racconto del processo al primo obiettore politico, Alberto Trevisan, nel tribunale militare di Padova.
Noi eravamo in terza superiore, all’Istituto Agrario, un antico convento con le aule che guardavano fuori nella strada. Arriva uno: – Tosi, ghe xe el proceso a Alberto Trevisan, n’demo …
Siamo usciti lasciando il professore in classe … tutti in via Rinaldo Rinaldi … un coglione ha tirato una pietra e ci hanno portato tutti in questura. E il nostro professore non poteva non scrivere che gli allievi tutti, o quasi tutti, erano andati via.
Andiamo poi al colloquio a scuola, mio padre come sempre molto pacato, aveva una 850 Fiat azzurra con il motore dietro, che per non spendere benzina a 20 metri era già in quarta; (prima del colloquio) torniamo e comincio a sentire la macchina con il motore su di giri: – papà, cambia marcia, i pistoni vanno fuori dal cofano … E mi dice: i me manda in Sardegna.
La sua preoccupazione era che lo trasferivano per incompatibilità con i figli in piazza; la famiglia, la mamma; questo aveva in mente.
Negli anni Settanta una delle grandi conquiste di cui pochi si ricordano è l’obiezione di coscienza, la successiva legge sull’obiezione di coscienza. Si ricorda solo la lotta armata … non tutte le conquiste sociali, civili seguite al ’68?
Quando è nato il primo governo Craxi, c’erano i missili Cruise a Comiso; a prendere le manganellate erano in prima fila i padovani, il giro di Banca etica, il movimento per la pace, il Mir, la Lega obiettori di coscienza, perché non volevano i missili atomici.
Tra i fondatori della cooperativa El Tamiso in tre o quattro erano obiettori di coscienza e avevano fatto il servizio civile. Qui a Padova c’era la Lega obiettori di coscienza che era gestita presso la sede del Partito radicale, lì trovavi informazioni e in quell’occasione ho conosciuto Roberto Pinton (Bobo), con il quale si erano trascorsi i 20 mesi di servizio civile alternativo e che poi ha avuto ed ha ruoli di rilievo in Assobio e Federbio ..
In tutto questo, il ritorno alla terra da dove salta fuori?
C’era da molti anni un’associazione culturale, che ancora esiste, La Biolca; risale agli inizi degli anni Settanta, il fondatore è mancato pochi anni fa, Filippo Zaccaria che è stato uno dei nostri maestri.
Allora questa associazione propagandava il vegetarianesimo e distribuiva l’alimentazione macrobiotica, integrale, biologica e biodinamica. Non solo divulgava e promuoveva conferenze, aveva una bella sede in una vecchia villa padronale fuori Padova, in cui c’era anche il forno del pane e il corpo centrale della villa era disponibile per associazioni, incontri e c’era lo spaccio dei prodotti macrobiotici che ho gestito per due, tre anni, alla fine degli anni Settanta.
AAM Terra Nuova è partita nel ’77, quando con altri siamo stati al convegno sulla repressione di Sartre nell’estate del ’77 a Bologna; abbiamo preso contatti e nel ’78 è nata AAM Terra Nuova.
Avevo 23 anni ed a quell’età siamo anche partiti per la Sicilia in autostop per vedere come facevano bio …
Prima di Terra Nuova c’era Garofalo di Suolo e salute a Torino e l’associazione Biodinamica Italia a Milano che aveva come riferimento la contessa Crespi … Mi ricordo che sono entrato nel suo palazzo in centro a Milano, vicino al Duomo, aveva le stalle e le scuderie lì. Ho fatto soggiornato alla Casa del Pellegrino a Bereguardo, che era il villaggio degli operai della Zelata, bellissima azienda della famiglia Crespi.
Il primo convegno che ha organizzato AAM Terra Nuova sull’agricoltura biologica è stato a Firenze, alla fiera Herbalist, credo nell’83 e si è chiamato “Cos’è il biologico?”. A parlare c’erano il prof. Garofalo di Suolo e Salute, Adriano Del Fabro, gli amici Siciliani di Arabios, gente del Coordinamento Toscano, Friulano, Marchigiano, noi del Veneto, amici dell’Emilia Romagna e del Piemonte, un bravo agronomo dell’Associazione biodinamica italiana, e diversi altri che allora “erano” il biologico italiano.
Ci sono stati i passaggi con il Foglione informativo sulle comunità e gli zappatori senza padrone, e l’occupazione delle terre; … successivamente si sono fatti i coordinamenti regionali di AAM, tra produttori, distributori e consumatori di prodotti biologici e biodinamici.
Noi in Veneto eravamo molto vivaci; c’era La Biolca, forte culturalmente, a Verona c’era un’associazione per l’agricoltura biodinamica e il ristorante bio della “Coccinella”, qui a nord di Padova una organizzazione religiosa, li chiamavamo i cristiani primitivi, l’associazione Il Sole, sul piano della prassi erano per l’agricoltura biodinamica e l’alimentazione naturale e si sono poi occupati dei villaggi in giro per l’Italia, a Treviso nuclei che curavano lo spaccio e l’alimentazione per gli associati, in un paesotto come Castelfranco un’associazione culturale aveva uno spaccio per i soci e preparava due pedane di arance alla settimana.
Come nasce AAM Terra Nuova?
Quella volta di Sartre a Bologna ci si incontra e nasce l’idea. Dopo gli anni Settanta di cambiamo il mondo e dopo le bastonate e la repressione molti di noi hanno riversato sui temi del cibo e dell’agricoltura la loro esperienza generazionale di visione del cambiamento … andiamo più decisamente verso la pratica
Si può dire che è cambiato il piano, dalla dimensione più politica delle sinistre extraparlamentari a quella culturale e civile…
E alla dimensione del lavoro, anche dell’economia … noi, componente non schierata, con una etichetta, ha deciso di riversare quella esperienza sporcandosi le mani, con la terra, con il cibo, con le relazioni e con il commercio …
Il commercio si è sempre vissuto male e il mercato è stato tradotto facilmente in speculazione, ma è un pregiudizio ricondurre tutto al mercato finanziario; il mercato è anche servizio, sono relazioni.
Una delle contese attuali è proprio quello di come tenere insieme il solidale e il mercato, come civilizzare il mercato …
In questi ultimi anni siamo ripiombati in questo problema, pensavamo di averlo già superato. Siamo dentro il problema
Facciamoci la nostra nicchia, il mercato è un luogo di perdizione …
E’ un errore clamoroso, anche dentro il movimento dei Gas …
Una delle cose che mi porto dietro è il vecchio mercato ortofrutticolo in Via Tommaseo a Padova dove mi portavano e ci andavo con lo zio e il vicino di casa con cavallo e carretta. Prima erano tanti i contadini e d’estate, finita la scuola, alle tre di mattina mi portavano; ricordo queste mattinate al buio, era un divertimento, non era un obbligo. Lui con il cavallo e la lanterna. In questo mercato c’era il maniscalco, due trattorie, quattro bar, il barbiere, l’edicola, quello che vende le sementi, e il contadino arrivava col cavallo o col motocarro, si vendeva, mangiava la trippa e al ritorno a casa era pronto per i lavori della giornata.
In questi rapporti commerciali non esisteva, non c‘era bisogno della banca; intanto non c’erano importazioni, non c’erano i bancali … Qui chi non aveva i soldi non comprava e chi vendeva o riceveva i soldi o non consegnava. Non esisteva che ti pago domani, ti faccio la bolla; la roba da mangiare valeva dei soldi …
Fino agli anni Settanta il contadino si è fatto le case, ha mandato i figli a scuola, ha comprato i campi; adesso non c’è più il prezzo del cibo, rispetto al telefono, alla macchina, l’alimentazione vale al massimo il 20% … mio padre prendeva 30 mila lire di stipendio in questura e spendeva il 40, 50 % per darci da mangiare.
Adesso è cambiato il mondo. Negli anni Cinquanta, mi diceva mio suocero, … il pane si vendeva a 180 lire al Kg rispetto alle 90 lire del grano. Adesso hai 20 centesimi di grano e 4 euro di pane, lasciando perdere la qualità. Questa differenza abissale è la misura di quello che è cambiato nella società a livello economico e sociale .Mio nonno pagava l’affitto in base alla produzione dei quintali di grano; non si pagava in soldi. Quello era il valore vero.
Ritorniamo ad AAM Terra Nuova, chi c’era allora?
C’era Pino De Sario che oggi fa il formatore, Rosalba e Carla Sbalchiero, Beppe Sivero di Verona della Coccinella, l’attuale direttore di AAM Terra Nuova, Mimmo Tringale, del Coordinamento toscano, Renzo Garrone, Mimmo Matarrozzo di Torino, Maria Grazia Frison, amica che ancora incontro ogni tanto, come Carla …
Oggi mi leggo il giornale, un bel giornale, è diventato professionale.
Come coordinamenti ci trovavamo una volta al mese, a casa di qualcuno alla Biolca o dal primo produttore di prosecco bio a Farra di Soligo, il cugino di Perlage, che è mancato giovane, a Verona dall’associazione agricoltura biodinamica, a Treviso … Eravamo tutti piccoli e appassionati contadini.
I primi corsi di agricoltura biodinamica li aveva fatti Ivo Totti e il prof. Beni a Casier di Treviso; andavamo in vespa di sera con la nebbia al corso.
Cos’è che vi muoveva a costruire, oltre allo scambio di esperienze, un’agricoltura diversa?
I due fratelli Borgato, amici da tempo, hanno scelto di starsene a casa con sei vacche nell’aziendina di Saonara, a differenza di altri che se ne andavano. Si sono messi a fare il formaggio in cucina, con la mamma, e per un paio di anni il formaggio dei Borgato, circolava per tutta Padova, con la bisaccia, in bicicletta; e ci scambiavamo il formaggio davanti al consorzio agrario, un luogo dove ci si faceva qualche “canna” e la formagella non mancava mai.
Uno dei due, Michele, ha fatto il servizio civile da Giannozzo Pucci a Ontignano, che così abbiamo conosciuto.
Nel nostro bel giro veneto, il nostro punto di vista era l’agricoltura, quella che ci avevano strappato. La storia che prima vi raccontavo del dialetto, che mi sono visto sparire, quando avevo 12, 13 anni, a un certo punto mi sono girato e non c’erano più le vacche, gli attrezzi, i gioghi, la falce, i profumi del letame e del fieno … e la lingua che parlavo da bambino: – a chi vado a dire trinaroeo? che si usava, tirato da una mucca, per rincalzare il mais.
Avevamo questa voglia di dire: – c’è la speranza, c’è qualcuno che non è contadino, che gli interessa quello che noi vogliamo fare, riprendere in mano quella storia lì.
Questi contadini … avevano cavato, spianato con la ruspa, dato veleni alla terra.
Mi diceva mia madre, che proprio non voleva che studiassi agricoltura, cosa che regolarmente ho poi fatto: finirà che andrete a sboassare e vache (a togliere il letame dalla stalla)…
Pensavamo che fosse una storia finita che non doveva più tornare; invece eravamo molto affezionati a quella storia; e cosa abbiamo scoperto? Il libro che ha scritto Gino Girolomoni, ci ha aiutato, abbiamo scoperto che c’è un libro che parla al cuore, Alce Nero parla. Che ci sono cittadini che si associano e si occupano di cibo e di agricoltura biologica, che sono interessati a capire cosa noi vogliamo fare.
E’ stata una meraviglia …
E’ stata anche una cesura rispetto alle origini dell’impegno politico …
La militanza, l’impegno politico non si occupava di questi temi, nell’associazione La Biolca non c’erano contadini ( quelli che erano diventati trattoristi), erano persone di cultura, che avevano voglia e tempo di informarsi, anche pensionati, gente che ragionava.
Rispetto al pensiero della sinistra che considerava i contadini il fronte arretrato e reazionario …
Non c’entra un cazzo … la sinistra, i compagni della Radio Sherwood ad esempio, ci abbiamo messo 30 anni a convincerli di promuovere il biologico e la cultura ecologica … E’ sempre stato complicato con i compagni, difficile.
A Milano in quegli anni il discorso del ritorno alla terra e del cibo era più un discorso da alternativi, da hippies e occupazione delle terre dell’appennino….
Gli zappatori senza padrone, su a San Benedetto in Alpe, a Pian Baruccioli, … vi siete persi un bel colpo a non conoscerli, a Marradi quelli dell’Acqua cheta. Siamo andati d’inverno e abbiamo portato su una damigiana da 20 litri e 5 di grappa, a piedi, ed è stato un bell’incontro. Ci hanno messi a dormire su un pagliericcio e alla mattina sentiamo una mucca urlare: – ma quando mungete la mucca? Quando abbiamo bisogno di latte…. Si, così gli viene la mastite e ci lascia le penne!. Non la puoi mungere quando ti pare. E il vitello? – l’abbiamo mangiato …
In questo filone c’era molto il discorso dell’autosufficienza, dell’uscire dal sistema; anche ingenuità …
Assolutamente genuino e sano; il che non è per forza di “sinistra”. La sinistra ha sempre avuto lo scranno di chi ha capito tutto. Se abbiamo avuto in questi ultimi anni forme di emarginazione sono state della sinistra, intese come esclusioni culturali, mancati riconoscimenti, neanche la voglia di entrare nel merito. Qualcosa di buono è arrivato nei primi anni ’90, quando i “Verdi” c’erano e si vedevano.
La vostra è un’esperienza nella quale vi siete misurati con il mercato; questi volevano uscire da quel mondo….
Il coordinamento regionale in Veneto era molto attivo; facevo il distributore della Rivista AAM Terra Nuova e gestivo lo spaccio della Biolca. Noi padovani siamo commercianti di natura, siamo inevitabilmente legati mondo della logistica con la propensione a valorizzare le cose, anche le nostre.
Alla Biolca ci si incontrava, c’era molta voglia di fare. Nasce l’idea di ragionare su “cos’è il biologico” e da lì ci siamo ritrovati in una decina di persone ( …) con questo Roberto Pinton, Giorgio Tombola, figlio di un capo partigiano, io mezzo agricoltore, i due fratelli di Saonara, volevamo organizzare questa domanda che c’era a Padova. Abbiamo cominciato a vendere i prodotti delle nostre piccole aziende, a dare corpo all’organizzazione e vendita per affermare i valori che ci sembravano fondamentali. Abbiamo chiamato El Tamiso questa esperienza, in dialetto è il setaccio per la farina che si usa in cucina, per separare le cose buone da quelle meno buone: è un attrezzo che è simbolo di terra, cibo, che seleziona le buone cose.
La vendita diretta l’abbiamo iniziata in una tettoia a casa mia e poi nel ’84 abbiamo fatto l’atto costitutivo … Fino alla fine degli anni Settanta c’erano gli spacci, le associazioni culturali, Il sole e La Biolca … abbiamo cercato di costruire un’organizzazione, una cooperativa agricola, anche se gli agricoltori erano pochi; si sono uniti altri amici che ci hanno permesso di partire.
Perché una cooperativa agricola? … non è scontato …
Perché si sposa con l’idea di mettere in comune, all’epoca … avevo lavorato nella formazione professionale agricola, le mie esperienze nell’ortofrutticolo sono state anche di forti traumi nei confronti dei contadini, generalmente servi e furbi; ti inculano, devi imparare, sapere con chi hai a che fare.
La cooperativa nel mondo agricolo non è facile, quella vera, quella che ti fa avere i contributi è un’altra storia; quelle emiliane, trentine … metà sono fallite, mangiati i soldi negli anni ’90.
Quando andavo da ragazzo al mercato, il radicchio che coltivavamo in un pezzetto di terra, raccolto in settembre lo vendevamo al mercato in tettoria. E c’erano due vecchi, 50 anni, vendevano il radicchio e piangevano, pochi schei .. non c’erano arrivi dal resto del mondo come adesso che qui il 55% della merce viene dal mondo e se ne va per il mondo.
Prendo coraggio e dico loro: .- a quanti soldi bisogna venderlo questo radicchio?
– 30 lire – 50 lire.
Domani mattina, dico, siamo in tre che hanno il radicchio e vendiamolo a non meno di 50 lire.
– Bravo, toso.
Ero caricato come una molla, avevo ragione. Alla mattina dopo, sono andato alla guerra con questo radicchio e me lo sono portato a casa tutto, perché loro due dovevano inculare me e non il commerciante.
Allora mi è nata l’idea della cooperazione, superare questa ignoranza mortale, questo individualismo suicida.
Mi diceva il figlio di Marcora, dell’ex ministro dell’agricoltura, aveva 300 ettari nel cremonese, vacche da latte e parmigiano, faceva anche agricoltura bio in tempi non sospetti, ed era l’anno in cui si iniziava a distribuire il latte in azienda: – tutti anche qui vendono a 1 euro al litro, mentre al supermercato veniva 1,20; nel giro di sei mesi era arrivato a 0,60 perché ogni stalla doveva fare concorrenza all’altra.
E’ questo l’agricoltore italiano, un po’ coglione; c’è poco da fare.
Noi abbiamo tenuto la barra dritta sulla cooperazione perché devi avere un luogo dove discuti, prendi parola; e qualcuno resta e qualcuno va fuori dai coglioni.
La cooperazione è un modo per migliorare, tenere alto il livello culturale e anche la capacità contrattuale. Se ti vuoi confrontare con le filiere commerciali e cercare il riconoscimento del tuo impegno e del tuo lavoro, devi avere una certa capacità …
Nel biologico questa capacità contrattuale nei primi venti anni è stata supplita, sostituita da un’alleanza etica e culturale che c’era e che adesso è molto più in crisi. Adesso si rincorre il prezzo e in tutte le filiere commerciali all’intermediario non gli interessa dell’etica del bio, gli interessa lucrare …
La EsseLunga di Milano, sono venuti a cercarci; ai suoi fornitori il figlio di Caprotti diceva: – ti devi riconvertire al bio altrimenti non ti compro più niente, però le condizioni le detto io, quale modello di biologico e che prezzo ti pago. Caro consumatore, il biologico vale e bisogna pagarlo di più.
L’operazione Caprotti figlio è stata quella di aumentare il margine, che non era così elevato nel prodotto convenzionale.
Il prezzo della concorrenza, sempre più forte, lo paga in parte il produttore e in parte il consumatore, inteso come contributi pubblici per sovvenzionare prezzi che sono sempre più bassi e per favorire le lobby commerciali. E di questo se ne parla troppo poco.
I contributi di integrazione al reddito sono tutti finalizzati a mantenere il sistema che sta introno all’agricoltura, non l’agricoltore … La cassa integrazione agricola in molte aziende che fanno risultare gli stagionali a casa è sempre furto alla collettività, è un modo per sovvenzionare l’agricoltura.
La vostra filiera come funziona?
Siamo una cinquantina di aziende, di cui due terzi in Veneto orientale, quelle che hanno un rapporto organico con la cooperativa, con la programmazione delle colture, la partecipazione alle decisioni …
Siamo partiti in tredici, una parte era personale tecnico amministrativo e poteva essere socio … un mio amico Bepi non aveva niente da fare ed è stato il primo lavoratore della cooperativa; abbiamo preso un negozietto di alimentari che chiudeva, in zona studentesca, via Monte Cengio, Padova ovest, e questo negozietto è ancora lì perché ci sono molti ragazzi e studenti. Lì abbiamo messo il nostro biologico fresco e alcuni trasformati di Germinal, Fior di Loto, KI, generalmente prodotti che arrivavano da o attraverso il Piemonte.
Il primo febbraio dell’85 abbiamo ottenuto dal Comune di Padova un banco nelle piazze per la vendita diretta di noi produttori . E’ stato certamente un nostro amico, Consigliere Comunale della Democrazia Proletaria di allora, che è andato a rompere al sindaco della sinistra DC e ci hanno dato il banco: eravamo ben visti, devo dire…
Piazza della Frutta e Piazza delle Erbe era il mercato ortofrutticolo e fino al 1936 dal “contado” arrivavano tutte le orticole e la frutta che si distribuiva. La piazza delle Erbe, il Sotto Salone, la piazza della Frutta sono un unicum dal 1219, e sopra il Salone enorme dove si amministrava la giustizia e le riunioni del popolo. C’era anche il ponte (quello che a Venezia è il ponte dei sospiri) che adesso non c’è più, portava alle carceri i condannati, dove spesso morivano di stenti.
Noi siamo capitati lì e ci siamo ancora, nonostante le difficoltà commerciali che ci sono… a un certo punto, noi che eravamo appena partiti, giovani, entusiasti, il Coordinamento veneto dei produttori propone: – perché non ci organizziamo, produttori, compratori, associazioni culturali e spacci di diverse aziende e cooperative e decidiamo dove comprare il biologico che non abbiamo qua, le mele, le arance, il riso, la pasta?
In tre persone, c’era anch’io, facciamo una missione per incontrare i produttori in giro per l’Italia; in pochi mesi abbiamo conosciuto la coop. La terra e il cielo, nelle Marche, siamo diventati amici. Ricordo che in riunione abbiamo detto di scegliere la pasta della Terra e il cielo e di diventare come El Tamiso il distributore; loro, in questa fattoria dove uno dei pochi contadini era Bruno Sebastianelli, stavano discutendo di smettere…
Siamo andati poi in Sicilia e abbiamo conosciuto i Salamita di Barcellona di Pozzo di Gotto che commerciava limoni biodinamici in Germania fin dai primi anni Settanta, venivano i tecnici dalla Germania. Siamo stati a Scordia, a Catania da Arabios, associazione di ricerca e sviluppo … al primo mercatino bio, sotto il museo dell’auto a Torino, organizzato da Suolo e Salute ci siamo trovati con Paolo Rizzo, persona interessante e poi amico per sempre … Abbiamo scelto un produttore di riso della Lomellina, Lesca Domenico a Langosco e siamo stati alle Cascine Orsine conoscendo Fabio Brescacin, oggi presidente di EcorNaturaSi, grande ricercatore di fondi … l’ho visto l’altro giorno alla marcia Stop pesticidi a Conegliano.
In questa missione El Tamiso ha poi scelto i fornitori … e io andavo con la vespa e facevo il tecnico di campo, la prova della vanga per vedere il terreno.
Abbiamo preso un piccolo magazzino in un paese qui vicino, ricevevamo gli ordini dal “nostro” mondo; ci arrivava il camion di pasta dalla Terra e il cielo, le arance da Scordia, il riso di Lesca Simone, e le mele del Trentino Alto Adige … qualcuno è diventato socio di El Tamiso, anche se stava in Alto Adige o in Sicilia.
Noi siamo molto più piccoli di Ecor, fatturiamo 10 milioni, invece dei loro 400 milioni di euro, e siamo sullo stesso territorio e gli andiamo a rompere le balle in casa, da loro ha sempre comandato il “commerciale”, con la logica del monopolista.
La preoccupazione che abbiamo è che se loro fanno scherzi, ci vanno di mezzo migliaia di persone che ci campano e ci credono: questa è una responsabilità; se crolla, non crolla solo un’azienda, va a ramengo una rete di relazioni, una fiducia, investimenti di altre aziende. Devono stare molto attenti, hanno scopiazzato la GD e quando è arrivato l’originale, anche nel bio, sono andati in difficoltà, nonostante la banca antroposofica tedesca …
Noi siamo ripartiti come azienda agricola dopo le nostre disavventure degli anni Novanta. Rivitalizzato il nostro banco, mollati i negozi, ci siamo messi a fare i grossisti del nostro prodotto, prima ospiti di un’altra cooperativa agricola che aveva sede fuori Padova e nel ’96 siamo sbarcati qui, nel mercato ortofrutticolo.
Hai detto 10 milioni di fatturato?
Considerando la vendita diretta che è costituita dai nostri dipendenti in piazza e nel negozio, la maggioranza a tempo pieno, siamo a 36 dipendenti e una sessantina di soci produttori, di cui quaranta sono quelli che partecipano alla vita, alla programmazione e alla gestione della cooperativa, la formazione, le feste e le gite … una ventina sono i soci produttori con i quali scambiamo o vendiamo i loro prodotti come la Coop La Terra e il Cielo.
Il punto di forza è la tenuta degli associati, è un collante importante.
In questo momento c’è bisogno … siamo in difficoltà, dobbiamo rilanciare la rete: – avete sentito parlare di Rete Humus?
Il sito l’abbiamo visto, abbiamo parlato con Davide Biolghini, e ci pare che questo progetto abbia qualche difficoltà a partire …
Un errore ingenuo questo crowfounding, non era il momento giusto, però abbiamo avuto la conferma che la gente era interessata; noi abbiamo fatto una cena con 140 persone, con i produttori che frequentano questo mercato …
Questo progetto significa che si rispetti l’agricoltura biologica, dove si va …
C’erano anche giovani di una associazione Cucina Brigante, che al mercato raccolgono la verdura prima che si butti via e in un posto occupato, al momento, cucinano e chi viene a mangiare viene, i padovani, i pensionati, chi ha bisogno, ci vuole stare in compagnia; stanno bucando lo schermo e allora ho invitato loro a far da mangiare e a parlare di Rete Humus … e c’era musica.
Bisogna saper comunicare, venerdì prossimo ci troviamo alla Ca’ Madre a Verona con i fondatori e soci di Rete Humus e all’ordine del giorno c’è lo sviluppo commerciale, dobbiamo arrivare trovare una decina di luoghi in Italia dove ci sono i prodotti delle aziende che aderiscono al percorso.
Ma cosa differenzia rete Humus? È un altro modo di fare bio, è un altro marchio?
La normativa pubblica è talmente misera che la gente non sa che (qualcuno) si occupa di fertilità del terreno, di biodiversità, di giustizia sociale nel lavoro, di impatto ambientale. La norma è fatta per le grandi imprese che vogliono stare sul mercato del bio … si può usare questo e quello, non è scritto che devi piantare alberi, che devi pagare il sindacato …
Rete Humus è uno strumento di rilancio comunicativo sulle cose che state facendo …
Non dico di tornare alle origini, ma sottolineare gli elementi fondanti dell’esperienza bio, se no diventa un qualcosa che come in tutte le offerte della GDO, cresce, si stabilizza. matura e poi cala e ne trovano un’altra. La pubblicità di Conad mi ha colpito: – cosa sta cercando , signora? Sta cercando il bio? Noi abbiamo di più, abbiamo l’etica … siamo oltre.
Bisogna divulgare, strutturare e connettere dei luoghi dove trovi i gangli di questa rete … rivolgerti a un pubblico di un certo livello culturale.
Valli Unite potrebbe essere un ottimo ganglio perché lì si fa questa agricoltura.
Non a caso Valli Unite, con Alessandro, sono dentro il movimento del vino naturale, VinNatur, perché ormai il bio lo fanno tutti e sappiamo come è fatto il disciplinate del vino bio. Allora loro vanno oltre …
Anche per l’ortofrutta ci sono mercati disponibili per proposte di prodotto locale di piccole cooperative di agricoltori; c’è spazio … andiamo in Svizzera e i piccoli distributori locali spingono sulla qualità, sull’origine e sulla trasparenza .. e i prezzi.
Se prendiamo il settore della pasta sappiamo che il seme non è bio oppure i mulini che mischiano … e la provenienza estera.
E’ facile dire che siamo i più bravi, siamo più avanti, siamo del bio vero e poi scopri che viene usata la semenza convenzionale, ci sono le deroghe, e non presidi neanche le cose di sostanza; allora ci vuole qualcuno che faccia le ispezioni, un sistema di controllo …
Bisogna avviare un percorso, un movimento culturale che si occupi di queste cose.
[…] Quando è nato il biologico c’era una forte spinta ideale; adesso per rilanciare una cosa che vada oltre il biologico ci vuole non solo comunicazione, ci vuole un movimento, oserei dire politico. Ci stiamo pensando .. con Bruno Sebastianelli una riflessione l’abbiamo fatta davanti al caminetto al convento dei camaldolesi di Fonte Avellana in gennaio. Lì era il primo nucleo dei camaldolesi che sono stati soffocati perché avevano fatto una riforma agraria egualitaria …
Ho ancora in mente la lezione di AAM: bisogna riprendere le relazioni sul territorio, riconoscerci, guardarci in faccia, parlarsi …
Quando ho un prodotto in una cassetta con l’etichetta, comincia a girare per vari canali, è difficile che quell’etichetta arrivi al consumatore … è il penultimo anello che deve riuscire a dire che questi prodotti sono presi da una cooperativa a Padova che danno disponibilità e garanzie …
Ma c’è un discorso di professionalità; mi fido di te, ma non perché ci vediamo …
Il movimento per il nuovo bio ha bisogno di interlocutori preparati, e di fiducia. Bisogna fare bene le cose. […]
L’intento di fondo con parecchi punti di domanda è allargare la partecipazione, far partecipare a Humus soggetti che non sono agricoltori, avere un continuo interscambio tra soggetti portatori di interessi diversi […]
L’agricoltura va pensata in un altro modo, non può essere una produzione di derrate, di commodities, l’agricoltura è una attività fondante di una comunità, di prodotti e di servizi. Oggi l’agricoltura bio se è fatta come dio comanda, è un’agricoltura che produce servizi, oggi necessari per l’emergenza climatica, ambientale, che deve dare risposte concrete perché queste risposte arrivano al mercato.
I servizi eco sistemici vanno riconosciuti, anche economicamente….
L’unica giustificazione che posso dare come cittadino ai contributi dell’Unione Europea è quando vengono dati per un vantaggio della comunità
Il cittadino che si vuole responsabile nelle sue scelte di consumo e di stile di vita e di incidenza, impatto ambientale, si paga comunque i costi … forse non arriveremo a risolvere il problema del cambiamento climatico però che ci sia una società in movimento rispetto a questi temi è un dato incontestabile. Come rete Humus e come aziende agricole bio dobbiamo intercettare quelle persone.
Chi c’è e che programmi avete?
I soggetti fondanti sono El Tamiso, Il cielo e la terra, Comprobio lucano con Michele Monetta, Gruppo Minisci di Sibari, Goel gruppo cooperativo che opera nel bio e nel tessile etico nella Locride, ABC Calabria con Maurizio Agostino che è in Aiab ( da notare che Calabria e Basilicata sono le uniche regioni dove il glifosato non è ammesso), una start up della facoltà di sociologia di Bologna …., ISDE, associazione medici per l’ambiente , Rete Bio, Aiab Emilia Romagna; poi siamo presenti con una Coop Agricoltura nuova di Roma, Coop Girolomoni … e in attesa l’adesione di Iris e di Valli Unite … in Sicilia dobbiamo ancora investire … bisogna creare contatti. E’ molto in divenire Rete Humus; abbiamo un incontro con il nuovo presidente Aiab, Antonio Corbari.
…All’inizio c’era AAM Terra nuova e i coordinamenti regionali; dopo il percorso di “Cos’è il biologico” si costituisce Aiab nel 1988 a Collegno, come Associazione federale, la sede viene spostata a Bologna sopra Nomisma di Prodi, e le Aiab regionali diventano il nuovo nome dei coordinamenti. Negli anni del Regolamento comunitario del’91 (entrato in vigore nel ‘92) Aiab sceglie di diventare anche organismo di controllo, con dodicimila soci organizzati a livello regionale e territoriale. Siamo andati avanti così a farci contaminare da un sistema di controllo sempre più burocratizzato e a mantenere in parallelo le attività politico culturali, finchè è salito in cattedra il ministero e i suoi funzionari che hanno dichiarato incompatibile l’attività politico culturale e di assistenza con l’attività di controllo. Così è stato costituito ICEA nel 2000 e il presidente, dopo di me, è stato Vincenzo Vizioli; nel fare ICEA si sono suddivisi in maniera rigida il patrimonio, cioè il personale e le competenze … e di Aiab è rimasta poca cosa e per di più rissosa, internamente e con ICEA.
Arrivano i controlli e quindi arrivano i soldi perché il controllo diventa obbligatorio e se lo deve pagare il controllato. Con la mia presidenza fino al ’99 Paolo Carnemolla è stato direttore di Aiab e lui aveva tentato di costituire un organismo di controllo di emanazione della Lega Cooperative, affidando a CCPB (Il Consorzio Controllo Prodotti Biologici, è un organismo di controllo e certificazione riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole e Alimentari) le attività di controllo e concentrare in Aiab le attività politico culturali. Questa cosa non è andata e Paolo Carnemolla è finito a collaborare con CCPB costituendo una Federbio interprofessionale che si era messa in pista per sostituire Aiab. Dentro questo Consorzio ci sono aziende importanti, noi ci siamo tolti … la Coldiretti vuole mangiarsi Federbio perché i prossimi soldi che arriveranno dall’Europa saranno sulle filiere e a chi dimostra interessi di filiera, interprofessionali …
ICEA sta cambiando pelle; noi siamo un “controllato” storico ma siamo usciti l’anno scorso perché la dirigenza ha deciso di adeguarsi in maniera pedissequa agli ordini del Ministero per gli affari regionali…
Rete Humus ha bisogno di certificarsi?
Non ha bisogno di certificarsi. Noi siamo certificati da enti diversi, il Cielo e la terra è certificato CCPB, noi da Bioagricert, in Calabria sono con Icea. La certificazione è diventato un servizio tecnico, ha perso un ‘indirizzo … la logica era un’associazione culturale che si dota di uno strumento di servizio ai soci ( e di azione verso la comunità …)…
Dopo il contenzioso tra il Ministero delle Regioni e il ministro Goria che aveva avocato sa sé tutte le funzioni di applicazione del Regolamento comunitario alla fine si è dato il peggio, suddiviso le competenze e noi abbiamo a che fare con il Ministero e le Regioni, con l’Agenzia regionale per i pagamenti che ne sa poco … Da noi far pagare il controllato è una scelta italiana, non è una scelta europea, e così la scelta di accreditare organismi privati; oltretutto il piccolo agricoltore paga di più perché c’è un minimo di imponibile sotto il quale non si va.
Applicazioni che hanno prodotto casini. E adesso i dinosauri di ICEA stanno preparandosi all’idea, adeguandosi, del Ministero che pare intenda fare un unico organismo di controllo.
Sulle proposte di legge del biologico i Verdi che ruolo hanno avuto?
La prima proposta di legge in agricoltura biologica italiana è dei consiglieri regionali veneti, Zanni Toniolo di Verona e Ivo Rossi di Padova; nel 1984, mai approvata, mai discussa …
C’è stata la proposta di legge Donati, deputata verde, sulla certificazione, nell’87 …
Persino Forza Italia ha fatto una proposta di legge e … gli attacchi furibondi della Cattaneo sugli Ogm. E’ in corso una discussione sulla legge quadro riguardante la certificazione e l’agricoltura biologica …
Mi risulta che la prima legge regionale approvata sia nelle Marche, c’era Leonardo Valenti e Gino Girolomoni e Bruno Sebastianelli. Il primo provvedimento che ha rimborsato e sostenuto i produttori nelle quote di pagamento della certificazione è della Comunità montana delle Valli Misa e Nievola, dove c’è la Coop La terra e il cielo ora.
Puoi ricordare quando siete andati da Gino Girolomoni per un incontro con il Ministro Pecoraro Scanio …
A 22 anni, dopo aver letto Alce Nero parla, immaginavamo Gino come un guerriero e probabilmente lui era un condottiero; abbiamo visto nella sua figura più il fisico di impiegato di banca; c’è stato uno scambio di lettere sul foglio di AAM, credo fosse il ’78, noi scrivevamo il nostro sconcerto e lui ci chiamava giramondo isterici.
Ricordo che Gino si inventa un festival internazionale bioeuropa da fare a Montebello; invita Pecoraro Scanio e mi chiama come presidente di Aiab federale per un discorso serio con il ministro. Mi sono preso il mio zaino, ho fatto autostop e sono arrivato a Montebello con la mia tendina, era il ’94 (?). Vado alla reception del Monastero e lì c’era l’attuale compagna di Bruno Sebastianelli, Carmen, che allora era segretaria di Gino; mi vede arrivare con il sacco a pelo e tutto poteva pensare fuorchè fossi il presidente di Aiab.
Mi piazzo la mia tendina, arriva Gino e poi il macchinone con il codazzo del Ministro .. dopo un po’ li vedo passare e se ne vanno; non ho visto più nessuno …
Su Pecoraro Scanio, che ha rovinato il partito Verde, l’unica cosa di utile che ha fatto è stata l’approvazione della legge finanziaria del governo Prodi nel 2000 con la norma sul piano nazionale pesticidi, chi produceva pesticidi doveva depositare una percentuale in un fondo che andava speso per l’agricoltura biologica, e l’altra norma che prevedeva nell’amministrazione pubblica una quota obbligatoria di prodotto bio che ha attivato l’esperienza delle mense di Roma, Torino …
Di Ivo Totti cosa ci puoi dire?
L’ho incontrato alcune volte, un omone romagnolo, di Imola; ricordo i polli in rotazione, faceva il bio, agronomo e direttore di azienda.
Nell’83 a Firenze AAM Terra nuova, c’era lui, qualcuno dei biodinamici di Milano, la prima associazione biologica – biodinamica del Friuli, il Coordinamento toscano e Veneto, i siciliani di Arabios, un bel gruppo che si interroga su Cos’è il biologico.
E’ stato uno dei precursori … il suo modello non è quello di adesso.
Voi siete grossisti del biologico, intermediari commerciali con professionalità importanti. Come vedi la realtà dei gruppi di acquisto solidali? Ci sono tentativi di andare “oltre”, verso le CSA …
Non mi azzardo a dare giudizi perché non conosco bene queste esperienze; ho ascoltato più volte Davide Biolghini, ho partecipato ad alcuni incontri a Bologna, ho capito che ci si parla molto addosso.
Davide mi ha portato in Canton Ticino a visitare un’esperienza di gruppo di acquisto strutturato, dove hanno adottato le tecniche del magazzino, della piattaforma e dove dispongono di professionalità.
Il nostro riferimento principale, un 50 % di fatturato, sono i negozi specializzati, quelli indipendenti da Ecor ; con i Gas abbiamo una rete distributiva di qualche centinaia di migliaia di euro, sono le 150, 170 cassettine settimanali con prodotti stagionali, è una piccola quota, 5 %, che ci impegna parecchio e anche ci serve per comunicare e avere relazioni con il territorio. Ad esempio abbiamo a che fare con piccoli gruppi, abbiamo un rapporto fraterno con tre gruppi intorno a Belluno, vicino al Cadore dove il contesto della montagna, le difficoltà a muoversi fanno sì che combinano il cibo con le feste e la musica …
Dobbiamo mettere in piedi un e-commerce per facilitare le operazioni di offerta e la gestione degli ordinativi …
Al proposito ti suggeriamo il sito di Portanatura, gestito da Tom Dean legato all’azienda La Raia, che a Novi Ligure ha un punto di conferimento e stazioni informatizzate per gestire logistica e ordini…
Tengo a sottolineare i rapporti positivi con alcuni distributori, in particolare con una piccola società commerciale composta da Giulia de Gramatica, nipote di uno storico produttore bio, Il Maso del gusto, vicino a Trento che insieme al marito gestisce la parte commerciale mentre il nipote cura l’azienda agricola. Vengono da una famiglia dove hanno recuperato un bagaglio di storie e la loro scelta è etica, culturale politica, vanno a vendere raccontando del biologico, lo fanno con passione e freschezza; e questa capacità fa ben sperare. La Biocesta del gusto si porta via da qui 5, 6 pedane a settimana, faranno 350 mila euro all’anno.
La nostra vendita diretta attraverso negozi e negozietti ci porta oltre mezzo milione di euro; in aggiunta c’è la vendita diretta di soci e non associati con i loro spacci o negozi non specializzati, spesso non certificati, che vengono qui per acquistare quello che non hanno, restando nei limiti previsti dalla legge e risultano così consumatori.
Arriviamo ad altre realtà dove siamo in prossimità dei mercati ortofrutticoli attrezzati con cooperative di facchini che consegnano,. Andiamo fino a Roma e anche in Sicilia dove ci sono tre, quattro fornitori che sono diventati clienti. Anche lì nelle città principali hanno bisogno di patate, di mele, di banane …
In complesso non abbiamo interlocutori, clienti che superano ciascuno il 3 o 4 % del fatturato.
Noi abbiamo qui costi di 40 euro a pallett, c’è tanta roba, mista, ed è complicato; i nostri ragazzi sono specialisti.
Qui si fa l’assemblaggio, la logistica; abbiamo avuto un buon successo e buona marginalità per i soci ed i fornitori.
Ora siamo un po’ in crisi, anche generazionale e siamo in un periodo di grande discussione quotidiana. E’ andato via il commerciale storico, padre padrone, e anche il neo direttore, un bravissimo ragazzo, si è sfracassato …
La nostra attività è molto complessa, il distributore che segue sette o otto clienti diversi, con un gamma quotidiana e notturna, qualche centinaio di articoli, una quantità enorme … infatti Ecor non è competitiva con noi perché loro non possono personalizzare niente, hanno un call center, un operatore che trasmette l’ordine di notte. Da noi i clienti vengono, vanno, telefonano …
Ci stiamo dicendo: – dovremmo crescere un poco per l’equilibrio economico e poi va bene così.
Come funziona il rapporto con i soci? Dicevi di mutualità non prevalente.
Questo è un aspetto unicamente fiscale; noi sulla merce le tasse le paghiamo come fosse un’attività commerciale; la gestione del conferimento dei soci è tipicamente cooperativa, nel senso che quello che viene conferito dai soci è venduto al miglior prezzo possibile. Dalla vendita di quello specifico lotto attraverso il gestionale si ricava la media ponderata del venduto; da quella media si sottrae una percentuale decisa dal Consiglio di Amministrazione che ora è il 13 %, che è poco, e da questa deriva una liquidazione mensile che il produttore si porta a casa.
[…] Il socio porta a casa, nella sostanza, imballaggi, etichette, assistenza tecnica, programmazione, attività formative; sostanzialmente non paga l’attività commerciale e quel 13 % dovrebbe diventare un 15, 17 %. L’attività commerciale è comunque dei soci, è nostra; la discussione di questi ultimi tempi è che sia nostra fino in fondo … perché l’interpretazione del commerciale, come succede alla Ecor e in altre aziende agricole, diventa che il commerciale è inamovibile, e i presidenti cambiano e questa cosa è un bruttissimo sintomo.
Se si deve fare un investimento sul Software o sull’e-commerce …
Se ne devono fare carico i soci; quest’anno abbiamo una perdita significativa ( 80 mila euro)¸ abbiamo un patrimonio netto, capitale sociale, di 948 mila euro e l’approvazione del bilancio andrà a decurtare un pò le riserve.
Negli ultimi anni abbiamo avuto utili interessanti, noi facciamo tre bilanci annuali, due bilanci di controllo e quello ufficiale il 31 dicembre; comparando decidi qual è l’utile che ti esce. Se è buono deliberiamo come Consiglio un conguaglio ai soci sulla base del conferimento, che va a diminuire quel 13 %, quindi il socio fattura un’altra volta a consuntivo. Oppure deliberiamo un premio di produzione per i dipendenti o uno sconto per i consumatori più fedeli
Uno dei nostri punti di forza è che i terzi vengono trattati con lo stesso approccio: c’è una quota consistente dei fornitori che il prezzo lo lasciano aperto e noi ricarichiamo con una valutazione più abbondante … se hanno necessità di vendere …
Guardando le cassette sembra che siano più le cassette di terzi …
E’ prevalente … tieni conto che siamo in piena emergenza climatica, sono due mesi che piove
I soci conferiscono per il 37 % di produzione propria e programmata.
Noi quest’anno potevamo scegliere anche di fare il contrario del conguaglio: – ti faccio una nota di addebito, se sei socio mica vorrai solo i vantaggi? Una volta che hai approvato il bilancio , investimenti o risultati economici negativi … te ne fai carico.
Le prospettive e dove stanno le priorità di investimento …
Da sei mesi è con noi un consulente che sta rompendo i coglioni ai membri del CDA che sono prevalentemente giovani, quarantenni, ad eccezione di me e di Giovanna. La gestione che il consulente chiama impietosamente paternalistica è la mia; ho sempre avuto questa gestione da presidente e da direttore … Ora il consiglio si è mobilitato, da qualche tempo i consiglieri hanno delle specializzazioni e vanno a chiedere conto ai soci e portano temi e bisogni al consiglio nel suo insieme; dopo di che entra in funzione un coordinatore, non più un direttore …
Tempo fa volevo costituire una Fondazione per svolgere attività politica e culturale; avevamo gli utili e volevamo dare un nome che ci piaceva: Thomas Sankarà.
Ma il CDA si è spaventato … la Fondazione l’avremmo gestita noi vecchi; facciamo un consiglio dei saggi e ci date dei soldini da spendere, anche per la comunicazione … 50 mila euro, coinvolgendo anche i soci sovventori che di fatto partecipano alla cooperativa.
Le assemblee sono partecipate, facciamo anche le feste; sono partecipate perché hanno capito che c’è ora della difficoltà; e non manca nessuno.
Sul tema dei prezzi …
Il nostro concorrente è spesso il nostro cliente, l’azienda agricola che sta lungo l’argine del basso Isonzo, praticamente in città, fa un po’ di produzione, si è aperto lo spaccio e vien qui tutte le mattine; non ha i costi del nostro negozio, non ha personale del commerciale … se proprio non tirano via le cassette …
Ma noi qui abbiamo buoni prezzi, noi siamo la piattaforma di questo territorio.
Rispetto al convenzionale il biologico alla fine costa di più ..
Sono convinto che il biologico industriale, certificato, con agricoltura intensiva fatta con il minimo di legge, con aziende che hanno terre in diverse regioni, per i supermercati, alla fine costerà come il convenzionale. Dipende dalle politiche che fai con i produttori o se gli fai arrivare provvidenze pubbliche. Le OP vengono fatte per questo motivo: il mercato ti può pagare 10 se entri nei piani operativi delle OP, 4 ti torna indietro, 1 me lo tengo io per pagare la struttura e tu produttore hai 3 e te lo porti a casa. Il contributo delle OP va a supplire un prezzo pagato troppo basso.
Le OP sono filiere sovvenzionate e riesci a drenare parecchie risorse pubbliche; dipende se le vuoi usare per irrobustire le aziende agricole, per favorire gli investimenti tecnici, per favorire la ricerca e il mkt o se vuoi supplire a un minor prezzo perché i supermercati ti obbligano a vendere a poco e tu non puoi uccidere la struttura intermediaria.
Ora il dovere che abbiamo qui è che la struttura sia il meno costosa, deve essere efficiente e permettere di liquidare il miglior prezzo possibile. In questi anni l’abbiamo fatto, oggi con la crisi di vendite è entrata la GDO ed è il primo anno, ho letto su riviste, che la GDO ha superato il 50 % delle vendite nel bio.
Adesso c’è il riflusso perché c’è una fascia di cittadini che al supermercato trova cose non bellissime, avvolte nel cellophan, e non trova nessuno davanti; se magari una volta vanno nei supermercati e trovano lo stesso prodotto dei negozi specializzati, vestito diverso e a un costo molto minore, si sentono presi in giro. L’immagine dei negozi con la scontistica è sempre più omologata alla catena della GD, i punti, la satisfaction … è il linguaggio della GD. Solo che quando arrivano, ti fottono, perché sono ovunque, i costi li ammortizza con il convenzionale e nel bio le campagne di comunicazione sono uguali …
Chi si avvicina al bio vuole anche capire … Noi abbiamo ripreso le vendite, nei primi tre mesi del 2018 siamo a più 10 % e quasi totalmente ortofrutta; non i trasformati, vino, olio, pasta, questi non si risollevano ancora.
Siamo in crisi con le farine perché è entrata l’industria e il nostro farro monococco l’abbiamo venduto al mangimificio a 1 euro al kg. Ora arriva in Italia dall’Uzbekistan. Non puoi fare filiera e adottare le tecniche più becere nell’acquisto, prima o poi qualcuno ti trova …
E il seme è bio? Gran parte dei semi è in deroga, è trattato?
In deroga vuol dire che non è biologico come produzione e comunque non deve essere trattato con concimanti. Non è trattato come seme. Oggi abbiamo il problema dei grani antichi che vengono usati in maniera ignobile (come alla Coop); i grani sono diventati causa di celiachia o di intolleranza ed è scontato che i grani di varietà antecedente gli anni ’50 hanno poco glutine. Si sono buttati tutti sui grani antichi; costano caro e noi non riusciamo a venderli perché si stanno muovendo i gruppi internazionali.
Noi abbiamo i grani antichi, li abbiamo selezionati in tre anni di lavoro e i magazzini sono pieni, il grano piave, il gentil rosso, il grano tenero … vendiamo le farine e sono il 5 % del volume di grano che produciamo. Abbiamo sempre venduto a mulini, a fornai; questo mondo si è sempre più ristretto perchè vanno tutti a comprare dove costa di meno.
Da noi ci sono fornai che producono pani di qualità … abbiamo conosciuto Walter Meles, Cascina sant’Alberto. Fa un pane buonissimo e lo vende alla catena Bio c’ Bon di Milano. A Genova c’è un altro fornaio che fa il pane piuma e prende le farine dal molino Sobrino.
Dovremo sbarcare a Milano prima o poi.
Sono molto dubbioso; hanno fatto le analisi al grano Senatore Cappelli con il dna e in tre paste hanno trovato qualche traccia in una e nelle altre …
Hanno fatto in modo che alla SIS ( società italiana sementi) la Coldiretti vinca l’aggiudicazione in esclusiva della selezione del grano Senatore Cappelli; mah, cosa dichiarano … Mentre La terra e il cielo fanno il senatore Cappelli vero, e non lo vendono perché costa caro. Se non hai la capacità di fare informazione, le truffe dilagano …
Cosa pensi dell’agricoltura contadina e delle proposte di legge di Ari, Asci e altre associazioni in Italia?
Fanno un bel chiasso, anche una bella immagine. E’ un percorso che è utile, basta che abbia degli obiettivi … Noi possiamo fare fino a mille vasetti di marmellata in cucina, cose sacrosante; che queste siano il futuro dell’agricoltura non penso che sia sufficiente. Se by-passano il bio lo fanno per superare il mostro burocratico; dopo di che conoscendo i contadini fin da ragazzo, nulla mi toglie il sospetto che a un certo punto se c’è un problema, siccome non c’è un vincolo, lo risolvono in qualche modo … Credo che in Italia bisognerebbe arrivare a un percorso di semplificazione burocratica tenendo conto della natura e delle dimensioni di un’impresa; anche le aziende part time sono un presidio del territorio e vanno tenute, fatte lavorare e invece le stanno chiudendo. Una fattura elettronica favorisce il nero oppure favorisce le chiusure …
Come vedi il futuro di questo mondo del biologico che era nato sulla spinta di motivazioni ideali che andavano ben oltre il bio?
Vedo che l’agricoltura contadina intesa come la piccola impresa sul territorio dovrebbe sposarsi, diventare, senza pretesa di essere il (vero) biologico, una realtà che occupa uno spazio, (che sperimenta) connessioni e cooperative come la nostra …
Secondo me, e ho una figlia che lavora qui, hanno di fronte anni difficili, ma dobbiamo aspettare proposte declinate diversamente senza vincolarsi a vicende passate: gestisci la distribuzione e le filiere se sai comunicare il tuo valore aggiunto; il tuo prezzo lo fai perché sai comunicare il tuo servizio. E’ Rete Humus? Lo vedremo.
Il servizio è la capacità di essere tempestivi, è la qualità del cibo, la trasparenza nella filiera… il servizio è un’ottima formazione degli addetti alla vendita
Avere competenze ma anche memoria di questa tradizione del bio che i pionieri ci mostrano …
Non so se sarà un prodotto di largo successo, ma servirà a chi avrà la buona volontà di conoscere , di valorizzare … è uno spazio da coltivare nelle relazioni che poi diventano anche fatturato.
Le facce giovani come Greta, vanno intercettati, gli va dato qualcosa … forse loro cercano coerenza.
Mentre alle origini del bio c’era un’idea di giustizia sociale, di cambiare il mondo, oggi, almeno per i “consumatori” c’è più una spinta ecologica e salutista, disposta a pagare un po’ di più per avere un cibo salubre e buono.
Un tema come la CO2 che libera l’agricoltura convenzionale che non è affatto popolare, il tema del vegetarianesimo intelligente che considera la situazione spaventosa degli allevamenti animali industriali o le deforestazioni portano a scelte che una fascia giovanile può fare.
Sono fiducioso; meno fiducioso sulle nostre capacità di riuscire a intercettare i modi giusti per comunicare. Bisogna trovare altri modi per dirglielo.
Nel vostro filmato on line proponete orgogliosamente un modello che sta in piedi da solo … Cosa volete sostenere?
Quando siamo partiti a vendere il bio eravamo proprio di nicchia, nessun sostegno economico; quest’anno utilizziamo 15 mila euro del PSR per fare attività promozionale verso i consumatori.
Parliamo della cooperativa El Tamiso che ha usato pochissimi soldi pubblici: stiamo in piedi da soli.
ConMarchebio si è costituita per promuovere progetti e avere soldi per investimenti …
Chi è legittimato da un approccio virtuoso è giusto che chieda.
Può darsi che abbiamo sbagliato a portare a casa poco. Noi siamo impegnati a comunicare e valorizzare.
Il rapporto tra mercato e società, solidarietà: noi abbiamo macinato 35 anni di attività, la cooperazione non ha profitto da fare, siamo una cooperativa che fa la cooperativa; ci teniamo e ci spendiamo molto a seguire certi criteri …
Nel libro Biologico etico c’è un bel pensiero di Veronelli: “L’industria alimentare è un controsenso che porta alla pressoché immediata decadenza delle valenze naturali. Il contadino e l’artigiano, mettono certo in conto il profitto, senza il quale non avrebbero la possibilità di vivere e far vivere, ma ci aggiungono sempre, per ragioni storiche e culturali, inalienabili contro ogni tentativo, la volontà del ben eseguito e del coinvolgimento appunto sentimentale”.
Un errore grosso è quello di separare etica e mercato, luogo pieno di contraddizioni, di affaristi … economia di guerra.
Si può anche abbassare le armi e parlare di bisogni, di relazioni, si può fare commercio senza essere in guerra, dipende dall’etica che si ha (un’economia del bene comune )…