Origini del biologico in Sicilia: Paolo Rizzo racconta

Luglio 29, 2023 4 Di storiedelbio

Proseguiamo il nostro viaggio alle origini del biologico in Sicilia grazie alla testimonianza di Paolo Rizzo che precisa meglio e corregge alcuni aspetti del precedente lavoro, pubblicato in questa sede nel gennaio di quest’anno ( vedi: https://storiedelbio.it/2023/01/30/sulle-origini-del-biologico-in-sicilia/ ).

Grazie a lui veniamo a conoscere particolari inediti che ampliano il quadro precedentemente tracciato e ci permettono di capire meglio lo spirito del tempo in cui il movimento biologico nacque, così come le peculiarità dell’esperienza siciliana. Il suo racconto mostra l’interessante intreccio, anche personale, con una comunità hippie di giovani del Nord Europa. ma altresì la presenza di un gruppo di giovani del luogo che seppe autonomamente collegarsi con i principali poli di elaborazione europei e italiani. In quel contesto, vivace ma ancora piuttosto frammentato, l’ormai leggendario viaggio del 1984 nell’isola di tre personalità del nascente movimento biologico nazionale ( Franco Zecchinato, Beppe Sivero, Leonio Nardo ) si conferma come un evento decisivo per la nascita  del Coordinamento Siciliano per l’Agricoltura Biologica (CSAB). Trovano qui anche conferma la chiusura del mondo biodinamico isolano, allora costituito dalla Società Cooperativa Salamita, rispetto alla nascita di un movimento del biologico in Sicilia, così come le posizioni assai intransigenti espresse dai siciliani all’interno della Commissione (nazionale) Cos’è biologico. Parlando delle prime iniziative commerciali questa testimonianza ci fa capire come la forte spinta ideale sia stata quasi subito messa alla prova dalle derive utilitaristiche indotte dal successo commerciale del biologico. E’ un tema da tener presente per comprendere l’importanza del codice di autoregolamentazione, elaborato dalla Commissione Cos’è Biologico, e pure il peso degli interessi commerciali nelle vicende successive del movimento biologico in Italia. La regolamentazione europea e la scelta italiana di affidare la certificazione a parti terze hanno posto su nuove basi lo sviluppo del mercato del biologico senza che peraltro la contraddizione tra interessi commerciali e tutela del consumatore sia ancora stata del tutto risolta.

Paolo Rizzo ha avuto un ruolo centrale in molte delle vicende che hanno portato alla nascita del biologico in Sicilia. Dopo il riconoscimento ufficiale del biologico con il Regolamento CEE 1992/91 e il successivo Decreto Ministeriale del 1992, ha collaborato con diverse realtà locali del biologico: con la Coop. ARABIOS, fino alle sue dimissioni, con “Terre di Sicilia”, un progetto ambizioso di produzione, trasformazione e distribuzione di prodotti biologici soprattutto in Sicilia, con la piccola soc. coop. “L’albero del Paradiso” che proponeva un G.A.S ed una distribuzione locale dei prodotti bio, con  “A Fera Bio”, un mercatino equo-bio-locale di cui è stato tra i soci fondatori.                           

Attualmente sta collaborando con una cooperativa di produttori “ALBERO DEL PARADISO” con l’intento di promuovere e distribuire i prodotti dei soci, sia in Italia che all’estero prevalentemente a G.A.S. più o meno strutturati. Continua la ricerca e la promozione di grani antichi. Fra le passioni, da circa dieci anni promuove il camminare lento attraverso l’associazione “UPEDINCAMINU”.

PS: ringraziamo Aldo Bongiovanni per i documenti che, grazie a lui, abbiamo potuto reperire.

Noi ci credevamo, alla fine non era un’attività economica

Parlami un po’ di te…

Sono nato nel ’56 a Licodia Eubea, in provincia di Catania. La mia famiglia si è trasferita a Scordia per motivi di lavoro quando avevo dieci anni ma rimango sempre molto legato alla mia città di nascita. 

Licodia ha origini antiche. Già colonia dei calcidesi, nel 650 A.C., subì prima l’influsso della cultura romana fino a trasformarsi in un’antica borgata cristiana. Successivamente, nel periodo Medievale, si evolvette con il castello di Licodia, uno strategico presidio militare fortificato di cui ancora conserva i ruderi. Da questo vecchio feudo, il paese ha ereditato un vasto territorio (che conserva ancora oggi) che lo rendeva ricco ma, con la decadenza dell’economia fondata sulla coltivazione di cereali, legumi ed ulivi, pur conservando le sue tradizioni, ha visto una grande emigrazione in America ed in Australia.

Scordia, invece, è una cittadina con storia abbastanza recente che ha avuto il suo massimo sviluppo con la coltivazione e la commercializzazione degli agrumi.

Non ho studiato agraria, ho fatto il liceo e qualche anno di Economia e Commercio. Avevo tante idee ma poi, spinto da mio padre, ho fatto diversi concorsi pubblici al comune di Scordia, di cui sono stato dipendente con varie mansioni.

Com’è nato il tuo interesse per un certo tipo di agricoltura?

il mio interesse per l’agricoltura è nato da un gruppo di studio, il “Club Analisi e Ricerca”,  formato da persone di Scordia, dei paesi vicini e da altre regioni d’Italia con l’intento di fare studi antropologici.  Ci facevamo una serie di domande, su dove va l’uomo e del rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Il promotore di questo gruppo fu un ragazzo di Scordia che, per lavoro, si era trasferito in Svizzera. Si chiama Salvatore Scirè e lavorava in aeroporto. Al centro Europa c’era una mentalità più avanzata ed all’avanguardia per cui è stato per noi una guida. E’ stato lui che ci ha approfondito in anticipo argomenti come l’ecologia e la salvaguardia del pianeta, avendo già una certa sensibilità su questi temi. Leggevamo i testi del M.I.T. [il libro del Club di Roma “ I limiti dello sviluppo” 1972]. Al Club Analisi e Ricerca apparteneva anche un gruppo di Torino dove Scirè aveva altri parenti; insieme si cercava di capire in anticipo quali sarebbero state le tendenze in materia di consumi, risorse e dell’ambiente, di cosa era giusto fare. In questo studio, leggevamo che erano stati previsti i rischi che correva l’ambiente ma no certo l’attuale crisi climatica. Volendo tradurre in pratica questi studi condotti, noi dell’area meridionale ed in aree agricole, ci indirizzammo alla sperimentazione in agricoltura, mentre il gruppo di Torino fece delle scelte di tipo più politico-teorico ambientale. 

Il nostro gruppo formulò un progetto ecologico chiamato “Ciclope” che diffuse le sue idee con un volantino in cui si denunciava che l’uomo era come il ciclope, con un solo occhio accecato che con le sue azioni stava distruggendo l’ambiente in cui viveva e, di conseguenza, i suoi abitanti: era il 1979.

Sulla base di questo progetto abbiamo creato il G.L.A.A. (Gruppo Lavoro Agricolo Alternativo), cominciavamo a prendere contatto con alcune aziende agrumicole locali, con i consumatori e anche con piccole ditte dell’estero con cui avevamo stabilito dei contatti tramite Scirè. 

Di questo gruppo, che doveva occuparsi di ricerca e sperimentazione, faceva anche parte Carmelo Marzullo. 

Per me è stata illuminante una grande conferenza sull’alimentazione organizzata da Nature et Progrés a Marsiglia del 21 al 23 novembre 1980 dove fu stato presentato il “Cahier des charges”, una proposta di disciplinare del biologico. È questo documento che ci ha indirizzato verso questo modo di coltivare. Penso che sia stato il testo da cui tutti, Garofalo [ prof. Francesco Garofalo, fondatore dell’Associazione Suolo e Salute] e Aiab [Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica] compresi, abbiamo preso spunto, magari con gli aggiustamenti del caso, per l’applicazione nei diversi contesti locali.

Come facevate a essere già in contatto con Nature et Progrés?

Allora eravamo in contatto con molti gruppi alternativi e quindi queste notizie ci arrivavano. Fummo invitati a partecipare a questa conferenza dove abbiamo conosciuto tutto un mondo fatto di soggetti stranieri, non ricordo se ci fossero altri italiani. Invece il nostro rapporto con Garofalo arriva nel ‘81. Nel dicembre di quell’anno abbiamo scritto una lettera a Garofalo che, come Associazione Suolo e Salute, aveva fatto delle pubblicazioni interessantissime sulla questione del biologico, del compost, dei trattamenti, in cui chiedevamo di fare un incontro perché volevamo avere dei riscontri rispetto a quello che stavamo facendo nell’ambito delle nostre ricerche. Volevamo capire cosa differenziasse un’azienda condotta col metodo biologico da una convenzionale.

Eravamo partiti da un’azienda della nostra zona che, per ragioni particolari, non aveva subito trattamenti e concimazioni chimiche da diverso tempo e abbiamo portato un campione di questi prodotti a far esaminare.

Ma quindi voi coltivavate?

Eravamo agli inizi. Si trattava di prodotti di agricoltori che conoscevamo. Abbiamo portato un campione da far analizzare all’istituto dell’Università di Torino dove lavorava Garofalo e abbiamo fatto una comparazione tra il prodotto con metodo biologico e quello convenzionale. Allora la chimica era usata in modo massiccio nelle aziende. Sarà stato un caso ma l’esame dei due tipi di campioni che avevamo portato mise in luce che il campione dell’azienda che non aveva usato trattamenti e che non aveva usato concimi chimici aveva un livello di vitamina C superiore rispetto al prodotto coltivato con l’uso della chimica. Per noi è stato molto importante, volevamo essere sicuri di essere sulla strada giusta e quel risultato ci ha incoraggiati non poco nelle nostre scelte.

Andiamo avanti.

Nel 1982 nasce la società La Zagara sulla scia degli studi del G.L.A.A., di cui ho parlato prima, promossa assieme a Carmelo Marzullo, mia moglie ed altri. Successivamente siamo stati invitati da Scirè a partecipare alla nascita del G.A.S. (Gruppo Agricoltura Sana), con l’idea di un gruppo ristretto con base agricola locale con lo scopo di stimolare, promuovere ed organizzare l’aspetto commerciale del progetto; Marzullo e Scirè, con i suoi fratelli, avevano già dei terreni agrumetati su cui avevamo iniziato la sperimentazione,  Marzullo scelse di parteciparvi mentre io, essendo sempre stato propenso a compagini molto aperte in cui, assieme all’aspetto economico, portare avanti gli ideali che ci eravamo dati, decisi di non partecipare. Il G.A.S. creò una rete di aziende che producevano col metodo biologico qui a Scordia commercializzando il prodotto, credo, in Nord Italia e Svizzera, forse anche in Germania. 

Chiuso il capitolo “La Zagara” e con l’esigenza di commercializzare i prodotti su cui avevamo condotto la sperimentazione del biologico, decidemmo di creare la ditta Arabios, attraverso la quale, nella seconda metà degli anni ’80,abbiamo iniziato a commercializzare i prodotti biologici anche se al disopra delle nostre effettive potenzialità e disponibilità di prodotto. Infatti, era aumentata in modo esponenziale la richiesta di prodotti bio sia in Italia che all’estero. Inizialmente offrivamo soprattutto gli agrumi, i nostri produttori erano persone che conoscevamo del circondario del nostro paese e con cui avevamo progettato di cambiare metodo di coltivazione.

Questa cosa parte così e si allarga a macchia d’olio. Avevamo ormai un gran numero di contatti, come Franco Zecchinato d​ella coop. El Tamiso ma anche vari G.A.S. (Gruppi d’acquisto​ solidale). Ad esempio, in Piemonte era nat​a una cooperativa di consumo composta da numerosissime famiglie a cui spedivamo interi autotreni di cassette prepesate nella ​Val Pellice. Avevamo​ avviato anche rapporti anche con Coop Italia​ per la quale la BioAgriCoop che aveva ​attuato una promozione sull’alimentazione ​con prodotti provenienti d​a agricoltura biologica. Mi è rimasto impresso un episodio di quel periodo: la Coop ci mandava i suoi imballaggi​ non a perdere da restituire con le nostre arance. Una volta ci inviò ​u​n vagone​ ferroviario pieno di imballaggi, li scaricammo nel nostro piccolo magazzino che si riempì lasciando poco spazio alla lavorazione delle arance.

Altra difficoltà con la grande distribuzione era la mancanza di garanzie a poter consegnare tutto il prodotto richiesto. Insomma, non eravamo certo pronti a poter soddisfare un mercato in piena evoluzione.

La sperimentazione chi la seguiva? Avevate degli agronomi?

Inizialmente era una sperimentazione che facevamo noi stessi in base ai documenti ed alle notizie a nostra disposizione che condividevamo con i coordinamenti delle altre regioni. Nell’avvio dell’operatività del Coordinamento Siciliano per l’Agricoltura Biologica (C.S.A.B.), ci è stato di grande aiuto il supporto di Regina Annarumma, un’agronoma di Salerno che aveva avuto delle discrete esperienze nel campo del biologico. Le aziende ricevevano delle visite agronomiche in cui contestualmente, attraverso delle schede appositamente predisposte, si verificavano i lavori effettuati e si davano dei consigli agronomici.

Poi c’era il Coordinamento Nazionale [ la Commissione Nazionale cos’è biologico ]. Era una grande famiglia in cui ci aiutavamo gli uni con gli altri ed in cui c’erano diversi tecnici che ci davano una mano. Parliamo degli anni ‘85-’86-’87, più avanti man mano la cerchia dei tecnici si è ampliata con l’apporto di tanti professionisti locali come Angelo Maugeri, Francesco Ancona, Lillo Romano, Francesco D’Agosta, etc.

E della Cooperativa Arabios cosa mi dici?

La cooperativa Arabios (Attività Ricerca Agricoltura BIOlogica in Sicilia) nasce nel  dicembre del 1988 prendendo il posto della ditta Arabios aperta qualche anno prima. Era il mio sogno, costituire una struttura collettiva non a scopo di lucro aperta a quanti credevano e condividevano il progetto alternativo economico-sociale di produzione e vendita dei prodotti biologici, a salvaguardia dell’ambiente e del territorio.  Alla coop Arabios aderiscono così diversi produttori e persone che avevano avuto un ruolo importante nella crescita del biologico come Carmelo Marzullo che lascia il Gruppo Agricoltura Sana, Salvo D’Antoni con cui abbiamo condiviso il percorso precedente, Giacomo Gatì, con la sua cooperativa Agrindus, che producevano trasformati, Roberto Li Calzi (poi fondatore di Galline Felici).

Quello è stato il momento in cui in ogni regione dai Coordinamenti Regionali [ furono la prima struttura creata per raggruppare i protagonisti del biologico ] sono nate, affiancandosi al progetto ideale, le organizzazioni economiche, con l’intento di cercare di soddisfare la domanda di prodotto che si era venuta a creare.

Ne facevano parte anche tecnici quali Angelo Maugeri (poi Ecocert) Francesco D’Agosta (poi Codex) ed altri produttori vari. Purtroppo, nel 1996, non concordando con la linea amministrativa che si era delineata, pur essendo stato il promotore della cooperativa, mi dimisi da Presidente e da amministratore.

Come mai?

Abbiamo fatto questo salto, come altre realtà come la nostra, affiancando agli ideali l’attività economica.  Secondo me, molti di noi non eravamo pronti ad essere imprenditori.  Fare impresa e portare avanti degli ideali è una cosa difficile da coniugare e spesso non funziona.

Dopo l’entrata in funzione del regolamento CE 92/91, si ebbe l’esplosione del mercato del biologico. Molte aziende notificarono l’assoggettamento al biologico mentre la richiesta di prodotto certificato subì una grande impennata. In quel momento la cooperativa Arabios aveva una potenzialità produttiva ancora ridotta e stentava a fronteggiare l’aumento della richiesta del mercato.  Noi che, fino allora, avevamo avuto  non poche difficoltà a trovare produttori disponibili a cambiare i metodi colturali, ci siamo ritrovati ad avere una grande offerta di prodotto certificato ma rimaneva il dubbio, una sorta di incertezza ad offrire ai nostri consumatori il prodotto biologico del nostro progetto, il dubbio che molti erano diventati biologici attirati soprattutto dai contributi previsti dalla Comunità Europea. Si doveva scegliere se approfittare dell’offerta di prodotto a fronte della domanda in crescita esponenziale del mercato nazionale ed europeo, possibile risorsa per la cooperativa o cercare di selezionare le aziende da cui attingere i prodotti da commercializzare per essere sicuri di offrire il prodotto che noi avevamo nel nostro progetto.

La cooperativa scelse la prima opzione per cui sono andato via, non ce l’ho fatta a resistere, non ero sicuro di dare ai consumatori, a cui appartengo naturalmente, il prodotto biologico che era nei miei ideali. In effetti, la mia non è stata una scelta imprenditoriale fra l’altro, non sono un vero imprenditore. 

Quindi nel ‘84 quando è venuto qui da voi Zecchinato la cooperativa non esisteva…

Certo! Come ti dicevo, la cooperativa nasce nel ‘88. La visita di Franco [Franco Zecchinato, vedi storie del bio gennaio 2023] è stata un evento straordinario perché molti di noi in Sicilia, prima dell’incontro, non ci conoscevamo. Non sapevamo che ci fosse tanta gente in Sicilia che stava facendo il nostro stesso percorso. Fra i gruppi, in particolare quello con Aldo Bongiovanni e Enrico Caldara, a San Biagio Platani, Chiara Agnello ad Agrigento e Giacomo Gatì a Campobello di Licata. Quel che succedeva era che tutti scrivevamo a AAM Terra Nuova [ la rivista che ebbe un ruolo molto importante nella nascita e nello sviluppo del movimento biologico in Italia ] e loro avendo avuto questi indirizzi ci hanno messo in contatto.

Poi c’è stata nel marzo del ‘86 la loro seconda visita in occasione dell’incontro alla cooperativa Gioi…

Sì, quello è stato, secondo me, il momento della nascita, di fatto, del Coordinamento Siciliano per l’Agricoltura Biologica (CSAB) che sarà però formalizzata in seguito. È stata una storia incredibile, uno di quegli eventi che lasciano il segno. Ci siamo trovati con tantissime persone di diverse province siciliane ma era come se ci fossimo conosciuti da sempre. Come succede con le persone con cui condividi certi ideali al di là del discorso economico. Questa cosa ci ha galvanizzato tantissimo e, quindi, ci siamo imbarcati in questa entusiasmante avventura. L’incontro è stato poi ripetuto il 6-8 giugno ‘86 a Modica. Però, contrariamente a quanto hai scritto [ vedi Sulle origini del biologico in Sicilia, storiedelbio gennaio 2023 ], l’incontro importante avvenne in contrada Bussello di Frigintini presso l’azienda di Sabina Civello e durò tre giorni mentre  l’azienda di Daria Pacetto fu interessata da uno degli altri incontri che si tennero successivamente.

Parlami della cooperativa Gioi

Il primo incontro si tenne presso la coop. Gioi, in contrada Gioi di Noto, dove si era costituita una specie di “Comune” credo promossa da Antonio Fasano, un’intelligentissima persona di Napoli che, vivendo in Danimarca, un giorno decise di venire a Noto con la famiglia, stabilendosi in una masseria di contrada Gioi, in cui si coltivavano principalmente limoni, mandorle e carrube. Fu il nostro importante punto iniziale di riferimento per la nascita del CSAB.

Alla suddetta “Comune” partecipavano ragazzi provenienti dall’Italia ma soprattutto dal nord Europa. Erano una sorta di “Figli dei Fiori” nel senso più buono della parola. Nella terra si lavorava, si raccoglievano i limoni, si condivideva il cibo, ci si aiutava tanto, si faceva vita in comune. Probabilmente il reddito ricavato dal lavoro non bastava per sopravvivere per cui capitava che alcuni rientravano al nord per lavorare recuperando denaro che gli permettesse di vivere nella “Comune”.

A “Gioi” ci andavo spesso con il mio furgoncino a prendere i limoni ma anche perché ero affascinato da quell’ambiente che si era creato, l’ideale di grande condivisione, di poter vivere con poco mettendo al centro la felicità. Qualche volta mi fermavo anche a dormire, stavo lì con loro, condividevo quest’esperienza. È nata anche una grande amicizia con Antonio Fasano e la sua famiglia. La moglie era una macrobiotica convinta che lì a Noto fondò anche un’associazione per la promozione della macrobiotica.

Aldo Bongiovanni mi ha raccontato che prima dell’incontro di Gioi tu, tua moglie ed altri, vi eravate visti più volte per stendere il manifesto-invito che presentaste a Gioi [vedi nota precedente]

Sì c’è stata una fase iniziale dove ci siamo visti – anche se non ricordo bene il periodo – e abbiamo realizzato “un manifesto di intenti”, la cui idea è ovviamente da attribuire all’estro del nostro elfo Aldo Bongiovanni, una sorta di elenco delle tematiche e problematiche da affrontare e su cui discutere da portare a questo grande incontro al fine di presentare tutti assieme il progetto preposto.

In questo manifesto di intenti avevamo riportato che l’incontro era aperto a tutti quelli che avevano a cuore il rispetto della natura e dell’ambiente, la promozione del biologico e del biodinamico, la cura del territorio, in uno spirito di amicizia e di fratellanza. Facevamo un discorso molto ampio e quindi parlavamo in questo volantino anche di biodinamico. Mi ricordo che, dopo aver fatto girare il manifesto, ricevetti una telefonata da un biodinamico che mi diffidò ad usare la parola “biodinamico” perché, diceva, bisognava essere registrati e non si poteva usare se non autorizzati. Ma il nostro intento non era quello di andare a togliere niente a nessuno ma di coinvolgere in questa nostra iniziativa quanto più gente possibile.

Questa grande proposta condivisa non aveva una finalità economica ma si basava soprattutto su degli ideali, credevamo, e ci crediamo ancora, che rispettare la natura e l’ambiente significava rispettare noi stessi.

Quando si è costituito formalmente il Coordinamento Siciliano?

Il Coordinamento nasce inizialmente sotto forma di “Consorzio”.

Il CSAB nasce il 28 aprile 1988. Alla costituzione io ero stato nominato segretario mentre il presidente era Joan Sinclair, una donna fantastica, caparbia, piena di energie, nonostante non fosse giovanissima [Joan Costanzo Sinclair +]. Partecipava attivamente a tutte le riunioni che si tenevano in ambito regionale e nazionale.

Mentre Fabio Leone, che tu hai erroneamente citato come primo presidente di Aiab Sicilia [ vedi storiedelbio, gennaio 2023], interviene in una seconda fase del Coordinamento. Lui rappresentava la zona del palermitano con il Quadrato Verde e con altri gruppi della zona. La cosa speciale del Coordinamento era che rappresentava effettivamente i gruppi di tutta la Sicilia o quasi. Tra questi ricordo Paolo Sillitto a Pietraperzia (CL), con la sua ABRA (Agricoltura Biologica Recupero Ambiente), Aldo Bongiovanni ed Enrico Caldara a San Biagio Platani (AG), Joe Lipari a Santa Lucia del Mela (ME), Enzo Genesio ad  Avola (SR) , Fabio Leone a Palermo, Mauro Long della Comunità Valdese a Riesi (CL), Barbara Piccioli a Catania, Roberto Licalzi, tra i fondatori di Le Galline Felici, ad Augusta, Giacomo Gatì a Campobello di Licata (AG), Agrisalus  Pippo Barrile, produttore di vino e miele nonché  componente del gruppo musicale KUNSERTU a Piedimonte Etneo (CT), Chiara Agnello di Villaggio Mosè (AG), e tanti altri che magari non ricordo. Fra i tecnici la dottoressa Regina Annarumma di Salerno che ci diede una prima mano nella gestione delle aziende, Dott. Angelo Maugeri, Francesco D’Agosta, come pure Francesco Ancona, tra i fondatori della coop. Agrinova.

Adesso capisco perché non poteva esserci la firma del CSAB in calce al primo codice di autodisciplina “Cos’è biologico” del 1985, ma immagino che dei rapporti con la Commissione Cos’è biologico ci siano stati anche prima del 1988….

Fin quando non ci siamo costituiti formalmente come CSAB non potevamo partecipare ufficialmente ma noi come gruppo di fatto già esistevamo avendo fatto diverse riunioni e stilato dei documenti su scelte condivise. Probabilmente, come ha scritto Aldo Bongiovanni [vedi storiedelbio, gennaio 2023], il primo contatto con la Commissione nazionale Cos’è Biologico avvenne nei giorni 8-9 novembre 1986 a Bologna. Già da allora abbiamo partecipato a quelle riunioni e anche alla nascita di Aiab. Mi ricordo benissimo che facevamo un mucchio di viaggi, in particolare a Firenze ma anche nel Veneto e nelle Marche.

Noi rappresentavamo la Sicilia e andavamo alle riunioni portando le nostre proposte, le nostre idee, le nostre problematiche sui metodi di coltivazione da adottare.

Quello che ricorda Franco Zecchinato sulle nostre posizioni rigide in seno alla Commissione “Cos’è biologico” è un fatto reale. All’epoca noi eravamo assolutamente contrari all’uso della plastica in agricoltura. Alcune aziende del Nord, situate in zone climatiche svantaggiate, sostenevano di non poter spesso coltivare senza la plastica a causa del clima. Quella volta abbiamo trovato un compromesso inserendo una clausola che stabiliva che solo in quei particolari casi si sarebbe potuto usare il vetro piuttosto che la plastica per anticipare la nascita delle piantine.

Noi siciliani eravamo un gruppo coeso, tutti convinti di quello che sostenevamo. Forse c’era l’euforia della gioventù. Le prime norme che le abbiamo sottoscritte nel 1989.

L’anno della costituzione del CSAB è lo stesso di quello della fondazione di Aiab, ma voi quando avete aderito ad Aiab?

Mi ricordo che abbiamo avuto diverse riunioni prima di decidere il marchio ed il disciplinare definitivo. Ti posso dare un dato certo: 24 febbraio 1990, l’assemblea dell’Aiab a Senigallia dove abbiamo approvato l’uso del marchio, il nome dell’associazione e cosa doveva essere l’Aiab.

Il Coordinamento siciliano nasce inizialmente come “Consorzio”; successivamente diventa “Associazione”. Lo scopo di questa trasformazione fu dettato dall’esigenza che, in questa seconda, il Coordinamento assumeva il ruolo di garante, perché era stato chiamato a certificare le aziende controllate [vedi nella sezione Documenti il marchio e il Regolamento Interno del Consorzio]. Dopo vari incontri propedeutici, il 12 maggio 1990 si diede il via al comitato costituente per la trasformazione del Consorzio in Associazione.

Così il 26 novembre 1991 nasce ufficialmente l’Associazione Coordinamento Siciliano Agricoltura Biologica, a seguito dell’assemblea tenutasi l’anno prima a Santa Venerina, il 16 dicembre 1990. La trasformazione in Associazione ha comportato la trasformazione di tutta la compagine sociale del Consorzio. Prima eravamo tutti soci ordinari mentre, con l’Associazione, i soci si distinguevano in soci effettivi rappresentati  dalle società, dai gruppi sia associativi che cooperativi, come Agrinova, Arabios, Agrisalus sicilia, Coop. Gioi, Il Cappero, Il Quadrato Verde, mentre le persone fisiche erano divenute soci aderenti. Un’altra categoria era rappresentata dai soci simpatizzanti, realtà che si avvicinavano al Coordinamento. Per questa trasformazione si è modificato lo statuto agganciandolo a quello del Consorzio, in continuità.

Il Coordinamento attraverso questa nuova formula diventa associazione con all’interno un Comitato Tecnico. Dopo aver aderito all’Aiab, diventa Aiab Sicilia ed al comitato tecnico si delega il compito di fare controlli e certificare i prodotti bio. Successivamente viene abbandonata Aiab Sicilia e si sceglie di fondare una società con Demeter Italia per la gestione della certificazione, nasce così la Codex.

Il comitato tecnico, quindi, assume un ruolo centrale assumendo, inevitabilmente, un’identità economica mentre il coordinamento si occupava di gestire il marchio ed il disciplinare di produzione, quindi un ruolo soprattutto politico. Con l’attuazione del Reg. CEE 2092, registriamo una grande vittoria, le nostre proposte, i nostri ideali di coltivazione alternativa e salvaguardia dell’ambiente agricolo vengono ufficialmente riconosciuti dalla Comunità Europea con un Regolamento che prevede, altresì, dei contributi per gli operatori agricoli aderenti a tale metodologia di coltivazione. Ma quella fu anche la fase in cui il Coordinamento perse la propria sostanza, la ragione di essere. Il fine era stato raggiunto e si perdette la motivazione di riunirci come era accaduto prima.

Era diventato più un fatto commerciale….

No, è finito perché il biologico era stato approvato, era diventato una cosa conclamata.

Per noi era come aver fatto una rivoluzione ed alla fine della lotta, aver ottenuto, anche se in parte, le nostre rivendicazioni.

Basta pensare a quello che era avvenuto il 16 gennaio del 1988

In questa data il sottosegretario di Stato del Ministero dell’agricoltura e delle foreste Giovanni Zarro emanò una circolare che, in pratica, mise al bando tutti i prodotti in commercio recanti le diciture: naturale, genuino, biologico, garantito e similari. Noi, in quell’anno, avevamo aperto uno dei primi negozi di alimentazione naturale che si chiamava “Naturalmente” dove per l’appunto vendevamo prodotti “coltivati secondo le norme del cos’è biologico”. Un giorno dei Carabinieri del NAS, nel corso di un’ispezione al negozio, sequestrarono una buona parte di prodotti, in ossequio alla suddetta Circolare Ministeriale. Abbiamo passato un bruttissimo periodo, sconfortati da tale sequestro, perché convinti di essere nel giusto, di aver operato secondo i nostri ideali e invece siamo stati denunciati anche penalmente. [ merita ricordare che il 26/04/86 ci fu la catastrofe di Cernobyl’. Evidentemente il biologico cominciava a dare fastidio ]

I sequestri furono effettuati non solo nel nostro negozio ma in diversi esercizi d’Italia, in molte di quelle realtà che stavamo offrendo dei prodotti certificati secondo quanto previsto dalla Commissione “Cos’è biologico”.

Grazie ad un gruppo di avvocati che avevano a cuore il nostro progetto, abbiamo fatto un ricorso collettivo e, nel maggio del ’89, il Tribunale ci diede ragione ordinando il dissequestro dei prodotti. Nonostante ciò, come negozio, non avemmo la forza economica di continuare e fummo costretti, a malincuore, a chiudere l’attività.

N.B. Ogni eventuale errore o omissione è di esclusiva responsabilità dell’intervistatore