UNA VITTORIA DI PIRRO
Ci permettiamo di riprendere questo articolo di Davide Sabbadin pubblicato su VEZ (Veneto Ecologia Z Generation) che condividiamo pienamente. Vogliamo solo aggiungere che contemporaneamente la Commissione europea ha bloccato definitivamente i negoziati in corso da lungo tempo per la definizione di un trattato di libero scambio con il Mercosur. Si tratta di una richiesta portata avanti a gran voce dal sovranismo agricolo europeo. Ci dispiace constatare che si sono accodate anche associazioni ecologiste e contadine che avrebbero potuto facilmente evitare di aggregarsi a questa ondata protezionistica. Avrebbero almeno potuto chiedere la creazione di una bio border tax, in analogia a quanto già previsto (Carbon border tax) per alcuni settori industriali energivori, se non più semplicemente la certificazione biologica. Vorremmo qui ricordare che in Brasile, ad esempio, esiste un forte movimento contadino e biologico che ci ha tra l’altro insegnato la certificazione partecipata….
Davide Sabbadin è Deputy policy manager per il clima e l’energia presso lo European Environmental Bureau, la più grande federazione ambientalista europea. Si occupa da anni delle politiche di prodotto, della decarbonizzazione dei consumi domestici e della revisione della normativa f-gas (Fluorinated Refrigerant Gas). In passato ha lavorato a lungo in Legambiente, nei settori dell’efficienza energetica, dell’agricoltura e dell’economia circolare. È laureato in Scienze Politiche all’Università di Padova.
Sindrome del Mulino Bianco: la protesta dei trattori vista da Bruxelles
DI DAVIDE SABBADIN 7 FEBBRAIO 2024
E anche i pesticidi, ce li siamo giocati. Negli stessi giorni in cui due principali catene di supermercati fiamminghi Delhaize e Albert Heijn ritirano dai loro scaffali tutti gli spinaci perché trovati positivi a massicce contaminazioni di pesticidi, con un tempismo che sarebbe da ammirare se non fosse terrificante, Ursula von der Leyen annuncia un’altra vittoria per gli agricoltori brucia alberi e abbatti statue: la proposta di normativa europea sul taglio dell’uso dei pesticidi viene ritirata.
Non accade tutti i giorni che succeda una cosa del genere. Qualche settimana fa vi avevo raccontato di come il Parlamento Europeo avesse bocciato la proposta di ridurre drasticamente l’uso dei pesticidi. Ma di solito la Commissione Europea in questi casi riformula la proposta, adattandola alle richieste del Parlamento o del Consiglio, e la ripresenta. Questo annuncio della presidente della Commissione in sostanza è particolarmente grave perché rinuncia alla norma in tutto e per tutto. Non se ne parla più, dice Von del Leyen, perché è troppo divisiva.
È solo una delle tante cose che gli agricoltori anticlima hanno ottenuto in poche settimane di clamorose, ben orchestrate e ben raccontate lotte. Sul piano della burocrazia eccessiva o dei prezzi troppo bassi, il loro vero problema, non hanno ottenuto una mazza. Ed è difficile pensare che possano farlo, perché lì si tocca il portafogli di gente importante.
Ma sul loro obiettivo numero uno, il Green Deal, è stata tutta una corsa a chi li accontentava di più: sembrava quasi che gli agricoltori avessero capito che in questa fase politica serviva solo una scusa per buttare giù quelle poche conquiste ambientali e climatiche in agricoltura costate anni di lavoro al mondo ambientalista.
Ho diversi amici e colleghi che abitano a Ixelles, il quartiere che bisogna attraversare per arrivare alla piazza del Parlamento Europeo a Bruxelles, la Place du Luxembourg. In quelle mattine di protesta in diversi mi hanno raccontato di essere stati svegliati alle 5 di mattina o giù di li da una confusione enorme nelle strade. Alzatisi, sono andati alla finestra e hanno visto il corteo di trattori entrare in città. Strombazzando e facendo svegliare tutti alle cinque, com’è normale che sia per gente che è abituata ad alzarsi alle quattro di mattina.
Ma non erano soli. Li accompagnava, letteralmente, la polizia. Che li ha scortati, diligentemente, fino alla piazza di destinazione. Dove, sempre in maniera diligente, li ha ho osservati bruciare alberi e copertoni davanti alla principale istituzione europea, e devastare una statua al centro della piazza.
Capiamoci: non hanno buttato zuppa o colorante alimentare sulla statua. L’hanno divelta e bruciata. Non si sono incollati con la mano al Parlamento: ci hanno bruciato dei copertoni davanti. Non si sono seduti pacificamente sulle autostrade per un paio d’ore avvinghiandosi gli uni agli altri: le hanno bloccate per giorni con i trattori. Dico tutto questo perché in tanti, in quei giorni, hanno notato sgomenti la differenza di trattamento della polizia rispetto alle centinaia di giovani che manifestano per il clima usando la mobilità o l’attenzione alle opere d’arte come strumento di sensibilizzazione.
E che sono stati di volta in volta menati selvaggiamente, imprigionati per ore o per giorni, condannati a pene assurde. Agli agricoltori, invece, è mancato poco che la polizia portasse anche i tramezzini e l’aranciata all’ora della merenda. A Bruxelles come ovunque.
Sembra tutto orchestrato perfettamente, tutto perfettamente calcolato, tutto atteso e tutto perfettamente riuscito. Dopo poche ore arriva l’annuncio che vengono eliminate dalla Politica Agricola Comunitaria le poche regole di condizionalità climatica ed ambientale che si applicavano ai pagamenti. E pochi giorni dopo l’annuncio degli obiettivi climatici europei per il 2040, dal cui testo iniziale è sparito ogni riferimento alla necessità di tagliare le emissioni in agricoltura, unico settore che non ha mai fatto nessun passo in avanti in questo senso.
In particolare stride l’assenza di ogni commento a proposito del consumo di carne, che pure c’era nelle bozze circolate nei giorni prima. In barba allo stesso comitato scientifico messo in piedi dalla Commissione Europea, si piega la testa alla lobby dei grandi proprietari terrieri, quelli che beneficiano dell’80% dei contributi della PAC – che a sua volta conta per un terzo del bilancio della UE – e che problemi di prezzi e di rapporti con i supermercati non ne hanno.
E per ultimo, nello stesso giorno, l’annuncio dell’abbandono della norma sui pesticidi. Per i trattori, vittoria su tutto il fronte in meno di una settimana.
La memoria va ai mesi di proteste dei Fridays for Future. Dei milioni, non migliaia, di persone in piazza in quella stagione guidata simbolicamente da Greta Thunberg. Della difficoltà nel cambiare il paradigma, ma anche dell’importanza di quelle lotte e di quelle proteste, inaudite e mai viste negli ultimi 50 anni in Europa, per arrivare a quel Green Deal Europeo che ha acceso la speranza di potercela fare nella lotta ai cambiamenti climatici, che ha reso l’Europa il continente più virtuoso e quello che dà l’esempio. Lo stesso Green Deal che i trattori in piazza vogliono demolire, almeno per la loro parte.
E quindi è con un pò di sgomento che stamattina, da un tweet di Extinction Rebellion Italy, leggo l’ennesimo articolo che dice che la protesta degli agricoltori ci riguarda tutti. È solo l’ultimo di una serie di tweet, articoli, post, dichiarazioni di esponenti sia di movimento che istituzionali che si occupano di clima e che in qualche modo assumono un tono comprensivo verso i trattori in piazza. Sapendo che l’opinione pubblica – che mediamente sa poco di clima o di agricoltura e ancora meno del legame tra i due – sta dalla parte degli agricoltori e che quindi è difficile andarci contro.
Ecco quindi che l’accento è sulle sensate ragioni degli agricoltori – i prezzi bassi, l’eccessiva burocratizzazione del lavoro – che giustificherebbero delle proteste il cui risultato rispetto alle a queste ragioni è zero totale, ma che hanno però ottenuto di spazzare via anni di lavoro sul clima e, in questo sì, ottenendo un risultato molto caro a chi queste proteste le ha cosi accuratamente organizzate e orchestrate. Cosi facendo, peraltro, i manifestanti sembrano darsi la zappa su entrambi i piedi e non solo sui loro, anche sui nostri, perché i disastri climatici colpiscono per prima cosa l’agricoltura, che fornisce a loro reddito e a noi cibo.
C’è da chiedersi come mai sia cosi difficile vedere la palese contrapposizione di richieste, e quindi di interessi tutelati, tra i giovani per il clima e i trattori scortati dalla polizia. Mi viene in mente solo l’ipotesi che l’agricoltore che abbiamo in mente non è quello che distribuisce il glifosato sotto la vigna come se piovesse. È l’agricoltore idealizzato che abbiamo visto in tv quando siamo cresciuti, quello che coltiva i campi con metodi naturali ed ancestrali, quello che “torna alla natura” come diceva un vecchio slogan pubblicitario. Quello del Mulino Bianco, insomma. E che di questa immagine, di questa figura, siamo un po’ tutti succubi. Una specie di sindrome di Stoccolma. Ma nel Mulino Bianco. Per quello non ci arrabbiamo. Per quello facciamo quelli che “ma sì, in fondo hanno ragione”. Per quello, forse.
E in tutto questo molti dimenticano che senza i milioni di giovani in piazza non ci sarebbe mai stato nessun Green Deal. Che non ci sarebbero mai stati i coraggiosi – anche se insufficienti – obiettivi climatici europei. E neanche quelli mondiali, che alla COP28 hanno fatto passi in avanti solo grazie al fatto che l’Europa da anni ha praticato una via di coerenza. Ecco, senza quelle lotte saremmo messi molto peggio: saremmo senza speranza.
E che quindi se non tornano quei milioni, se non torna la voce di chi ha un futuro da perdere, prevarrà la voce di chi ha un presente da gestire. Soprattutto se alle elezioni europee vengono eletti quelli a cui il clima e l’ambiente non importano per nulla.
Senza la lotta dentro e fuori le istituzioni, insomma, si torna indietro.
Non sono assolutamente in accordo con questa analisi dalla visione assai limitata nè con tutto il mondo BIO che fa a gara a prendere le distanze dalla protesta degli agricoltori.
Ho un’azienda agricola BIO e di certo non faccio il tifo per i pesticidi.
Gli agricoltori che stanno protestando lo fanno per la sopravvivenza delle loro aziende, sono piccole/medie aziende
La politica UE negli anni ha incentivato la produttività e la competitività, non la qualità e tanto meno la tutela dell’ambiente. Oggi è semplicemente travestita da Green:. Le lobbies che di fatto decidono sono oggi come allora quelle dell’industria chimica, della bio ingegneria, ecc….
Non trovo risonanza fra Biodiversità e OGM, fra Biodiversità e Glifosato, … Ritrovo sempre gli stessi interessi … così come nella “carne coltivata” e nel latte di laboratorio o nell’agricoltura di precisione.
Di fatto la condizionalità inserita per i contributi, il rialzo dei costi dei fattori produttivi, metteranno in ginocchio tantissime aziende, già indebitate per seguire un’agricoltura diversa da quella che con la nuova PAC apparentemente chiede l’Europa.
Che le piccole e medie imprese devono chiudere lo stanno dicendo da un po’ … ..è un mantra ormai…. Il tutto a beneficio delle multinazionali e dei Fondi di Investimento che hanno interessi trasversali nei settori chimico, farmaceutico, della bioingegneria….
Quando avremo ceduto il settore agricolo. mangeremo solo OGM e carne sintetica.. Nemmeno il BIO probabilmente esisterà più, contaminato dagli OGM liberamente coltivati.
Teniamo in piedi il nostro tessuto agricolo e facciamo un serio intervento culturale. Tanti agricoltori stanno alzando il livello di consapevolezza, capiscono che si sono resi schiavi della chimica, aiutiamoli a fare questo salto culturale, invece di prendere le distanze.
Fortunatamente abbiamo agricoltori BIO di ampie vedute che stanno fianco a fianco con i convenzionali in questa battaglia di sopravvivenza,
Friday for Future?! non ci avete trovato niente di maleodorante in questi anni?
La partita in gioco è enorme … bisogna stare attenti alle strumentalizzazioni.
Medesime considerazioni che ho fatto nelle ultime settimane. Nella nostra zona con alcune aziende agricole stiamo facendo girare un articolo simile per denunciare la reale portata della protesta e far presente che non tutti gli agricoltori sono allineati su questa linea, specialmente per quanto concerne il greening.
Lo sto facendo circolare sulla mailing list di storiedelbio ma forse faresti meglio a inserire qui un link perchè tutti possano leggerlo
Articolo condivisibile al 100%. A quando i blocchi dei camionisti con relativa marcia indietro sui carburanti fossili?
Meditando su queste e altre vicende più o meno simili (ritorno al nucleare compreso) è assai difficile avere speranza su una umanità consapevole della crisi climatica e delle sue devastanti conseguenze. Per tutti.
Un 4% di territorio rinaturalizzato manda in crisi le grandi aziende agricole; una percentuale molto più alta di cementificazione e di pannelli fotovoltaici a terra no? Quando mai hanno protestato per questo?